Lehman Trilogy, l’ultimo requiem di Luca Ronconi

Sguardazzo/recensione di "Lehman Trilogy"

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Cosa: Lehman Trilogy
Chi: Luca Ronconi, Fabrizio Gifuni, Massimo Popolizio, Massimo De Francovich, Paolo Pierobon
Dove: Milano, Piccolo Teatro Grassi
Quando: 15/03/2015
Per quanto: 315 minuti

«Questa è una ballata, che racconta la storia di una dinastia in cui il potere si trasmette per via ereditaria», afferma Luca Ronconi, scomparso durante le repliche della sua ultima opera Lehman Trilogy, in una recente intervista.
Sopra un palco ricoperto di assi è scritto ossessivamente e con diversi caratteri il nome Lehman Brothers; vi vediamo scorrere per oltre cinque ore le vicende dei tre fratelli ebrei tedeschi immigrati in Alabama, Henry, Emanuel e Mayer, dei loro figli e dei loro nipoti.
La scena è una scatola chiusa, fatta di algide pareti bianche, botole che si aprono a far comparire sedie, lunghi tavoli, cartelli e pannelli su cui il celebre patronimico è sempre presente in 150 anni di storia raccontati dal drammaturgo Stefano Massini e messi in scena, per l’occasione, da Ronconi.

Nel primo dei due atti, a partire dal 1844, assistiamo alla lenta scalata dei tre: Henry, la mente, Emanuel, il braccio, e Mayer a mediare fra i due. Mentre i tempi del racconto sono scanditi da titoli in yiddish disegnati virtualmente dagli attori sulle pareti della scena, i tre personaggi (rispettivamente Massimo De Francovich, Fabrizio Gifuni e Massimo Popolizio) fanno rivivere a turno gli inizi del colosso Lehman: da piccolo negozio di tessuti  a multinazionale di investimenti fino alla fondazione di una banca e all’immersione nel marasma dei titoli di borsa.

Stefano Massini-Luca Ronconi, 'LehmanTrilogy' (ph sito piccoloteatro.it) 2Il ritmo lento e meditato della prima parte, legata al tempo dei vecchi e della religione, si fa serrato nel secondo, protagonista un uomo che ha fatto della tecnica la propria fortuna: Philip Lehman, figlio di Emanuel, interpretato da un Paolo Pierobon spietato e calcolatore. L’yiddish si alterna all’inglese, il lavoro dei Lehman diventa sempre più astratto, impalpabile, e la corsa verso il crack finanziario del 2008 si fa sempre più veloce.

Non c’è coinvolgimento emotivo, né suspense, ma la messa in scena di un dilatato cammino verso la fine, dove i personaggi sono già morti ancor prima di agire. È tutto scritto e loro si comportano di conseguenza, con distacco e precisione chirurgica nella recitazione. Parlano in terza persona, concedendosi giusto rari stralci di dialogo, obbedendo a quella recitazione ronconiana ormai tanto familiare in allestimenti di questo genere. Non c’è naturalezza, ma biopsia del testo, analizzato parola per parola. Si percepisce a fior di pelle la scelta a tavolino delle pause, dei toni, dei gesti che accompagnano il dire. Emanuel, il braccio – eccezionale Fabrizio Gifuni – arricchisce la recitazione con movenze da pugile, molleggiandosi con rigore geometrico prima su un piede, poi sull’altro.

Stefano Massini-Luca Ronconi, 'LehmanTrilogy' (manifesto Piccolo Teatro)Si può parlare di uno spettacolo in requiem, dove la morte è palpabile: compare nel racconto dei riti funebri ebraici che, con la progressiva scomparsa dei singoli personaggi, vengono osservati sempre meno, per lasciar posto al profitto instabile della finanza, scandito dall’equilibrista Solomon Paprinskij – interpretato da un Fabrizio Falco ronconiano più che mai – a camminare in equilibrio su una sbarra orizzontale.

Un distacco brechtiano, dunque, per la volontà di non commuovere il pubblico né farlo partecipe di quella che risulta essere una narrazione epica, in cui i morti tornano per raccontare ancora, i vivi si perdono in sogni simili a presagi, il tempo scorre per tornare inesorabilmente alle 7 e 25 – l’orario dello sbarco di Henry in America, segnato sull’orologio in scena.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un fenomeno ambientale sarebbe... lo scioglimento delle calotte polari

Locandina dello spettacolo



Titolo: Lehman Trilogy

di Stefano Massini
regia Luca Ronconi
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci A.J.Weissbard
suono Hubert Westkemper
trucco e acconciature Aldo Signoretti
con (in ordine di apparizione)
Henry Lehman
 Massimo De Francovich
Emanuel Lehman Fabrizio Gifuni
Mayer Lehman Massimo Popolizio
Testatonda Deggoo Martin Ilunga Chishimba
Philip Lehman Paolo Pierobon
Solomon Paprinskij Fabrizio Falco
Davidson, Pete Peterson Raffaele Esposito
Archibald, Lewis Glucksman Denis Fasolo
Herbert Lehman Roberto Zibetti
Robert Lehman Fausto Cabra
Carrie Lauer, Ruth Lamar, Ruth Owen, Lee Anz Lynn Francesca Ciocchetti
Signora Goldman Laila Maria Fernandez
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

 


La saga dei fratelli Lehman è al tempo stesso uno squarcio di sogno americano: il Paese che tutto dà a chiunque dia prova di talento, inventiva e abnegazione, in una manciata di secondi rovescia fortune e destini. I Lehman correranno più volte il rischio di cadere, con la Guerra di Secessione, i due conflitti mondiali, la crisi del 1929, ma sempre sapranno risollevarsi. Tranne l’ultima volta: il 15 settembre 2008 Lehman Brothers diventa il più grande fallimento nella storia delle bancarotte mondiali.

Martina Parenti
Toscana trapiantata a Milano per noia e vil pecunia, nella vita recluta recensori teatrali recitando da addetta stampa. Scrive solo su costrizione e collabora con la Radio Svizzera commentando, in un pugno di minuti, novità letterarie. Alleva malvagi gattini che si ostina a chiamare “pizzicottini”.