A prima (s)vista – Affissioni di propaganda teatrale. Selezione Maggio 2015

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Tutti gli spettacoli meriterebbero un manifesto – un’affiche, per fare i raffinati – che, pur rimanendo fisso, incollato a un pannello in doppia o quadrupla copia, riesca ad eccitare la fantasia del passante affaccendato, a incuriosire l’automobilista inchiodato al semaforo, a sorprendere il passeggero distratto sul filobus.
Non tutti ne hanno uno, ahimè, e gli spettacoli che hanno la fortuna d’essere reclamizzati per via di affissioni pubblicitarie ne hanno forse più svantaggi che benefici.
Io, che sono Arlecchino, sono vagabondo per natura. E quando passeggio, ciondolando tra le vie che si svuotano all’imbrunire, mi fermo a guardare i manifesti dei teatri. E giudico.

Con i primi caldi, si sa, il teatro vero è nelle strade, lungo le passerelle scaldate dal sole dove si scoprono le tendenze del pret-à-porter (il rosa pare si porti molto, il giallo pure; la tintarella integrale è demodé): vedi gli innamorati scambiarsi baci scespiriani, vedi la sciantosa e il soldato fanfarone, i generici col gelato da passeggio e i caratteristi col ventaglio rococò, i (soliti) bimbi lagnosi e i vecchi impiccioni.
Al teatro di professione non resta che uscire all’aperto: nelle piazze – cavee naturali – nei parchi, nelle corti di palazzi nobiliari ora sotto gestione comunale (non erano meglio il Marchese di Vattelapesca e il Conte Diosammaidove? almeno loro non piangevano miseria).
L’attacchino non si affligge: sagre, mercatini e festivàl danno comunque un senso al suo giro di affissioni.
Ma ad Arlecchino chi ci pensa?
Mi consolo con questi pochi ultimi strascichi di stagione regolare.

morte commessoA cavallo tra aprile e maggio, Morte di un commesso viaggiatore il drammone americano messo in scena nei teatri di tutta Italia dalla Compagnia dell’Elfo ha fatto tappa anche a Pistoia, convincendo la maggior parte dei presenti (ne ha scritto il dottor Titomanlio, persona serissima). Convincente anche l’affiche, per la sua dominante nera e per l’impaginazione che conduce lo sguardo su quella cabina doccia troppo stretta per due uomini (è una scena dello spettacolo, e uno dei suoi tanti possibili sottotesti), sul testo scalettato come un pensiero distorto e sul protagonista (Elio De Capitani) seduto nella penombra dei suoi guai.

Senza titolo-5All’inizio del mese si è vista invece a Buti una cosa nuova. Più che nuova, d’importazione, visto che il suo autore e regista, Gabriele Paoli, transfugo a Londra, ha inscenato L’inferno dentro prima in inglese che in italiano. Abbiamo appreso che, nel preparare questa seconda versione, una sostanziale porzione di lavoro si è svolta via Skype, ovvero telematicamente; «idea che fa molto ggiovane», ha scritto il dottor Vazzaz nel suo insostituibile resumée. A me, che sono Arlecchino, pare solo un brutto e non necessario scherzo; e i mezzi non giustificano mai i fini (si legga per conferma il pezzo del dottor Balestri).
Il manifesto tuttavia si lascia guardare: deprecabile la scelta del carattere e dei colori, tanto somiglianti a quelli d’una sigla per telenovelas; e quei tre 6, di rosso affinché si leggano in sequenza, a formare il numero cosiddetto della bestia, riescono assai poco bestiali. Ma la fotografia, ritratto strettissimo di donna dal volto seminascosto, incuriosisce e allarma.

Gabriele-Lavia-Il-sogno-di-un-uomo-ridicoloFamiglia di font tradizionale, alterata graficamente dimodoché tutte le vocali abbiano forma quadrata: così la locandina di Il sogno di un uomo ridicolo. Nero su bianco, in corpo sufficientemente grande da occupare il foglio intero. L’unico tono di grigio è per i nomi – anzi i cognomi – notevoli: Lavia (il regista e direttore artistico del Teatro della Pergola, locomotiva del neonato Teatro Nazionale della Toscana) e Dostoevskij (quest’ultimo scritto come si deve, per fortuna). Niente di originale, nondimeno funziona.

 

 

 

 

 

l'Arlecchino
È un semplicione balordo, un servitore furfante, sempre allegro. Ma guarda che cosa si nasconde dietro la maschera! Un mago potente, un incantatore, uno stregone. Di più: egli è il rappresentante delle forze infernali.

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