La scelta di Ivanov

Sguardazzo/recensione di "Ivanov"

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Cosa: Ivanov
Chi: Filippo Dini
Dove: Pistoia, Teatro Manzoni
Quando: 02/12/2016
Per quanto: minuti

La platea è affollata e, quando il pubblico prende posto, sulla scena aperta Ivanov (Filippo Dini, attore e regista) legge il suo libro. L’inizio dello spettacolo viene annunciato perché la luce illumina ancora lo spazio teatrale provocando un effetto di straniamento; il buio sopraggiunge progressivamente, così come la narrazione fagocita l’attenzione degli astanti. La facciata di un edificio colonico e lo scorcio di un giardino sembrano riprodurre le indicazioni di Čechov, tutto però è molto concitato, i personaggi sono parte di un vortice di emozioni: Anna (Sara Bertelà) spera sempre che qualcosa possa cambiare e il dottore L’vov (Ivan Zerbinati) esprime tutta la propria rabbia moralista. Il grillo (bordone quasi fastidioso come i sentimenti dei personaggi) e la civetta esprimono l’immobilismo di questo stralcio di mondo. Il realismo scenografico mostra i suoi trucchi e le pareti scorrono claustrofobicamente tra un atto e l’altro per riprodurre i diversi ambienti arricchiti di arredi essenziali che lasciano intravedere un bucolico spazio esterno.

Ivanov attraversa i quatto atti indenne, possiede un’energia rabbiosa che forse è lontana dalla noia angosciosa pensata da Čechov, ma che lo conduce all’epilogo senza permettere a nessuno di perdere il filo del discorso. Lo spaccato di variopinta umanità viene rappresentato con i nove attori della compagnia e, sul finale del primo atto, il regista mostra al pubblico questa sua volontà: il dottore sta per uscire di scena, ma già indossa abiti che lo trasformano nel nuovo personaggio, il servitore di casa Lèbedev. Tutti sono perfettamente connotati e l’esagerazione emozionale compensa l’assenza di eventi significativi, mentre della noia e dell’indifferenza del protagonista si vedono solo le conseguenze su sé stesso e sugli altri. Saša (Valeria Angelozzi) è l’altra donna che ha scelto l’uomo sbagliato convinta di riuscire a cambiarlo o a riportarlo com’era. La sua illusione pervade l’atmosfera e si scontra con tutti i facili moralismi di una visione dell’uomo frutto delle più banali apparenze e deturpata dalla percezione individuale. Proprio come Zinaida (Orietta Notari), angosciata dal suo attaccamento al denaro, o gli altri personaggi simbolo di un mondo deteriorato quanto mai attuale. Il conte Šabel’skij (Nicola Pannelli) che si convince a mano a mano di concludere la sua vita con una “porcheria” legandosi alla ricca giovane Babàkina (Ilaria Falini). Nonostante le apparenze non ci sono buoni o cattivi, ci sono solo uomini.

Il tempo è altro elemento latente, tutto è messo a confronto con un passato glorioso e migliore che ora non c’è più. Tutti erano diversi o, forse, è la memoria a renderli tali? L’illusione li ha portati al punto in cui sono? L’ultimo discorso di Ivanov, prima della morte autoinflitta, parla a noi: «Davanti a te sta un uomo che a trentacinque anni è già esausto, deluso, schiacciato dalle sue insignificanti azioni; arde di vergogna, irride la propria debolezza…», ed esprime una profonda contraddizione tra la consapevolezza dei propri limiti e l’impossibilità a superarli. Cosa resta in fondo? Un atto di forza come gesto di rifiuto a subire qualcosa di ineluttabile o un senso di suprema debolezza che soccombe di fronte alla vita?

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un pesce sarebbe... un piranha

Locandina dello spettacolo



Titolo: Ivanov

di Anton Cechov
regia Filippo Dini
con Filippo Dini, Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Antonio Zavatteri, Orietta Notari, Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe
scene e costumi Laura Benzi
musiche Arturo Annecchino
luci Pasquale Mari
produzione Fondazione Teatro Due/Teatro Stabile di Genova


Ivanov è la prima delle grandi opere teatrali di Anton Čechov, scritta nel 1887, all’età di 27 anni. Racconta l’ultimo anno di vita di un uomo che si trova a fare i conti con la propria incapacità di vivere, l’inadeguatezza verso il mondo che lo circonda e l’irrimediabile perdita di ogni speranza nei confronti della vita (…). Essendo una commedia scritta in età giovanile, Ivanov possiede una portata dirompente di emotività e di erotismo che la rendono carica di un fascino irresistibile. La sua poetica si esprime a tinte forti e la violenza delle situazioni e dei rapporti esplode con brutalità, fino alla morte (…).

Il personaggio di Ivanov è da iscriversi in un filone di tanta letteratura russa dell’ottocento (dal Jevgheni Onieghin di Puškin in poi) in cui il protagonista è proprio l’uomo superfluo, come si autodefinisce Ivanov, che non riesce ad applicare le proprie energie alla vita e la cui originalità risiede proprio nella lotta per non soccombere al proprio destino. Le sue aspirazioni intellettuali, unite al senso d’impotenza, fanno di lui un eroe negativo, incapace d’affrontare la crisi.

Maria Feliciano
Docente di musica e discente in discipline dello spettacolo, ha un passato da pianista, moglie e madre di cui si sta, progressivamente, sbarazzando. Lo fa andando a teatro, scrivendone e, talvolta, cucinando per oltre dieci persone.