Non è un teatro per vecchi

Sguardazzo/recensione di "Dalla parte di Orfeo"

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Cosa: Dalla parte di Orfeo
Chi: Tema Cultura, Giovanna Cordova
Dove: Vicenza, Teatro Olimpico
Quando: 20/10/2019
Per quanto: 70 minuti

Che bellezza, il teatro al mattino. Non le scolaresche deportate in massa, date in pasto a Pirandelli (o Goldoni, o Shakespeare) sotto dita di polvere: una delle ragioni per cui l’arte scenica risulta poco attrattiva è proprio certa (c)attività scolastica, animata forse dalle migliori intenzioni, ma che finisce per confermare l’idea secondo cui in platea ci si annoi a morte. Parliamo, invece, della baldanzosa scelta del festival vicentino Muoiono gli Dei che non sono cari ai giovani, che ha pensato, non solo, di inserire 3-allestimenti-3 d’una gagliardissima scuola di recitazione locale (Tema Cultura, Mogliano Veneto), ma di proporre uno dei lavori alle 11 antimeridiane: ottimo, e per una volta non siamo ironici.

Freschi di colazione, restiamo subito ammirati dal complesso palladiano, per quanto già conosciuto: vedremo Dalla parte di Orfeo, ultimo titolo d’un trittico tragico (gli altri: Apologia di Socrate: la verità è come l’acqua ed Ecuba. Ares: il dio della carneficina) ideato da Giovanna Cordova e che vede in scena un nutrito gruppo di giovani, tra gli otto e i vent’anni. Non siamo estranei: dovendo produrre un contributo su questi allestimenti per il Diario della rassegna, avevamo visto video e parlato diffusamente con la regista.

Non si pensi né al teatro (per) ragazzi (universo amato grazie al Lucca Teatro Festival, ma che contiene tutto e il suo contrario) né al teatro di ragazzi: l’ora scarsa di performance cui abbiamo assistito è teatro-e-basta, senza sconti, eccezioni, mercanteggii sulla base della verde età degli interpreti. È Gioco, quindi serissimo, non, invece, Scherzo, buttato là, tanto per fare.
La storia di Orfeo, musico-poeta disceso nell’Ade a riprendersi l’amata Euridice salvo condannarla per essersi voltato, è il fulcro d’un lavoro di indagine ambiziosa, rielaborazione d’un mito tra i più profondi e visitati della nostra cultura.

L’ampio spazio dell’Olimpico è spoglio, nella potenza immaginifica del disegno originale, abitata da uno sciame di presenze brulicante, pletorico. Ecco le anime dei morti, condannate a degenza coatta in quello che parrebbe un istituto per anziani: tra loro, lo smarrito Orfeo di Filippo Valese, centrato, intenso, che alterna forza a tonalità più delicate, ma, soprattutto, il debordante, sinuoso “segretario” reso da Tommaso Zavan, giacca nera di pelle sul corpo magrissimo, perfettamente a proprio agio col dandy ben sopra le righe. Risponde loro la coralità, multiforme quanto compatta, degli altri, autentico tratto essenziale d’un lavoro mirabile per capacità ritmiche, polifonia e applicazione d’un impianto scenico ad altissimo coefficiente di rischio: le voci rimbalzano, si fondono a riacquisire un’autonomia senza nome, nel flusso magmatico di rigorosa coerenza drammaturgica.
Perché Orfeo si volta? Ha deciso lui, pur senza darsene conto, di lasciare l’amata nell’Ade?

Sulla carta, spettacolo di-ragazzi, ma, a dire il vero, questo lavoro farebbe sfigurare un gran numero d’allestimenti “adulti”: movimenti e interpretazione (aspetti curati da Silvia BennettCaterina Simonelli) contribuiscono, con musica e luci, a una resa di rarissima efficacia, denotando una spiazzante, felicissima perizia. E ammiriamo questi ragazzi che si confrontano con la letteratura tout-court, senza sconti, senza riduzioni.
Arriva Euridice (Paola Zuliani): instilla il dubbio che la decisione finale non sia stata, in realtà, dell’innamorato. Personalmente, diffidiamo, ma l’epoca lo può suggerire.

Senza dubbio, però, ci spelliamo le mani, compatendo i due cretini, più attempati dello scrivente, che per la quasi intera durata dello spettacolo, hanno cincischiato coi propri smartphone. E poi si dice dei ragazzi…

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un voto in pagella sarebbe... un 10 e lode

Locandina dello spettacolo



Titolo: Dalla parte di Orfeo

testi e regia Giovanna Cordova
coreografie e movimenti scenici Silvia Bennett
training attoriale Giovanna Cordova, Caterina Simonelli 
con i giovani attori di Tema Cultura Academy
ossia Linda Atzori, Caterina Baccittetto, Martina Baraldo, Federico Barbisan, Anastasia Breedveld Bortolozzo, Maria Vittoria Botter, Matilde Bellotto, Ilaria Benvenuti, Mattia Cervellin, Leo Coppetta, Federico Delia, Jacopo Favero, Marta Ferrarini, Cecilia Ferracini, Anna Gallinaro, Alvise Gioli, Edoardo Granati, Alessandro Gabriel, Filippo Locatelli, Sebastiano Maselli, Gio Moretti, Marianna Monastero, Giulia Oro, Tania Pndelea, Veronica Prosdocimi, Matteo Rossetto, Carlo Tamai, Vittorio Tommasi, Andrea Tonon, Filippo Valese, Tommaso Zavan, Paola Zuliani
produzione Tema Cultura


Terzo episodio della trilogia La tragedia innocente, dopo Apologia di Socrate: la verità è come l'acqua ed Ecuba. Ares: il dio della carneficina Sinossi Orfeo ed Euridice: uno dei miti che dall’ antichità ai giorni nostri ha affascinato poeti, scrittori, musicisti, da Gluck a Monteverdi, da Ovidio a Seneca ed ancora Pavese, Rilke, Buzzati, sino al contemporaneo Claudio Magris. Ma chi era veramente Orfeo? E quali differenze vi sono nell’elaborazione di quel mito? Quanti sono i possibili Orfeo? L’azione si svolge in un ipotetico aldilà scevro da qualsiasi forma di misticismo, una sorta di casa di riposo gestita da un dandy, (segretario di un fantomatico presidente), vagamente snob, annoiato, sarcastico, arrogante che gode nel provocare i morti per i quali non dimostra alcun coinvolgimento affettivo. A lui è assegnato il compito di controllare i defunti e curare tutta la gestione della casa dove incontriamo Orfeo. Nello spettacolo La rielaborazione del mito, parte fondamentalmente dal tentativo di rispondere ad una domanda: perché Orfeo si è girato? È stata una sua decisione egoistica? È stato per troppo amore? È stato perché così ha voluto Euridice? Accanto a Orfeo si muove il Coro delle anime che, riprendendo i canoni classici, si fa “mediatore” del racconto con il pubblico. Note di regia Orfeo è lo stereotipo dell’eroe, di colui che sfida la morte per amore di Euridice, non è questo il personaggio, protagonista dello spettacolo. In vita, Orfeo, era certo un eroe, figlio della musa Calliope e del dio Apollo, con la potenza incantatrice del suo canto placava le bestie feroci, animava le rocce e gli elementi della natura. Volendo volgere queste caratteristiche nel presente, Orfeo diventerebbe lo stereotipo dell’artista, di colui che segue le vie romantiche della “demoniaca bellezza”, ma una volta passato nell’aldilà si presenta come un uomo qualsiasi anzi come “un piccolo uomo” perché nell’aldilà non ci sono eroi e si manifesta tutto ciò che in vita rimane chiuso nell’inconscio e non si ha in coraggio di esibire: passioni, rimpianti, paure. Quest’ultimo è l’Orfeo che si racconta in questo spettacolo, considerato nel momento in cui, in uno spazio temporale non più umano è nelle condizioni di svelarsi per quello che è realmente. L’aldilà a cui si fa riferimento, nulla ha a che vedere con l’oltre-vita fideistico che un po’ tutte le religioni raccontano, ma è una sorta di casa di riposo, non per anziani, ma per tutti coloro che sono entrati in un’altra dimensione, nello stesso modo vecchi e bambini, un oltre-vita esattamente speculare alla realtà. Non vi è redenzione, ne punizione divina, non ci si trova in presenza di alcuna entità soprannaturale. Unico gestore della casa un dandy snob ed annoiato che gode nel provocare le anime. Solo in apparenza questo potrebbe apparire un testo “da adulti” ma così non è anzi, perché il nascondimento di se è tipico degli adolescenti e della loro insicurezza a mostrarsi per paura del giudizio degli altri. Anche per loro, come per Orfeo, la casa sarà la condizione che permetterà di svelarsi senza finzioni e fraintendimenti. Gli adolescenti del 2000 non sono più quelli delle favole, sono figli dei selfie, dello sballo e della balena Blu. Tutti perduti? No, anzi, ma comunque tutti faticosamente alla ricerca di se stessi in un mondo sempre più complicato e difficile dove il politicamente corretto, e il perbenismo fanno da padrone. Basta però, farli transitare in un’altra dimensione (la loro vera e autentica) perché senza paura del giudizio degli altri possano con semplicità raccontarsi ed interrogarsi anche sull’idea di un mito, quello di Orfeo ed Euridice, che non è e non piò più essere quello raccontato da Ovidio.  

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.