Pirovano e le giullarate di Fo

Sguardazzo/recensione di "Mistero buffo"

-

Cosa: Mistero buffo
Chi: Mario Pirovano
Dove: Verona, Teatro Laboratorio
Quando: 3/10/2019
Per quanto: 120 minuti

Il suo primo incontro con Mistero Buffo è avvenuto nel 1982, a Londra, quando Dario Fo e Franca Rame erano in trasferta sul Tamigi con il loro spettacolo di punta. Da quella data, Mario Pirovano resterà coi due per tutta la vita, decretandosi figlio d’arte acquisito (che non ce ne voglia Jacopo). Per i cinquant’anni dalla prima rappresentazione di Mistero Buffo, ci troviamo in una sala gremita presso il Teatro Laboratorio di Verona. L’occasione è ghiotta: l’erede di Dario Fo inscenerà proprio il cavallo di battaglia del maestro, nella città che ha consacrato una delle prime edizioni a stampa dell’opera, per la casa editrice Bertani (1973).

Sul nudo palco prende posto Pirovano, pantalone e maglia rigorosamente neri secondo una tradizione ormai consolidata: l’attore, dopo un preambolo sul proprio passato, l’incontro con Fo e la fortuna di Mistero Buffo, presenta la serata. L’opera prende spunto da alcune storie della vita di Gesù, tratte per lo più dai vangeli apocrifi e dai racconti popolari e Pirovano ne passerà in rassegna alcuni numeri – definiti giullarate dallo stesso Fo – tra i più noti e famosi del repertorio: il Miracolo di Lazzaro, la fame degli Zanni, Bonifacio VIII e il primo miracolo di Gesù bambino.

Non mancano i riferimenti all’attualità: dagli incidenti sul lavoro all’ultimo articolo di giornale; tutto si lega alla perfezione per creare un Mistero Buffo nuovo (si aggiunge al titolo il numero 50, a indicarne l’anniversario), che si distacca dalla versione del maestro, nonostante la sua presenza sia così forte in scena. Il pensiero va alla risata muta di Fo, quel sorriso che riusciva a bloccare tutto il volto, un riso grottesco che non produceva suono e che Pirovano realizza praticamente in maniera identica, al punto che ci viene da pensare che stia utilizzando una protesi dentale fatta sul calco della dentatura del modello. Si tratta dell’unica nota che stordisce, per uno spettacolo che, da un lato, prosegue sulla linea tracciata dall’autore originale (una forza fisica esplosiva e un utilizzo pertinente sia del dialetto che del grammelot) e, dall’altro, se ne distacca per una propria interpretazione.

Pirovano è i personaggi di cui parla, incorpora fisicamente ora lo Zanni ora Bonifacio VIII, si inserisce con il proprio lessico nelle tinte della vulgata, intercalando molti più gesti e movimenti rispetto a quelli misurati e calibrati di Fo (come se quest’ultimo puntasse a una maggiore economia del gesto, in favore di un distacco critico volto al fine didascalico del numero).
È come se conoscesse davvero quei caratteri, presi dal popolo, come se li avesse studiati da vicino, e questo può spiegarsi grazie all’assimilazione diretta che può aver fatto quando, da adolescente, lavorava come garzone di bottega.

Cimentarsi con Fo è impresa ardua, ma se ne apprezzano gli sforzi nel momento in cui se ne realizza una nuova versione. Quello che ci sarebbe piaciuto vedere, ma ahimè non ce ne sarà più l’occasione, è l’introduzione da parte di Fo alle giullarate con il suo stile divulgativo e informativo, seguito dall’interpretazione dei personaggi da parte di Pirovano, così più vicino agli Zanni, a Bonifacio VIII e a tutto quello stuolo di caratteri creati dall’attautore e cheil figlio d’arte riesce a indossare con estrema e distinta efficacia.

E il nostro Arlecchino saltella di gioia, soprattutto quando si parla di Zanni che sanno ben fare il loro mestiere.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un abito sarebbe... un vestito vintage con nuove rifiniture

Locandina dello spettacolo



Titolo: Mistero buffo

Di Dario Fo e Franca Rame
Con Mario Pirovano
Prodotto da C.T.F.R. srl
Distribuito da Corvino Produzioni


Nell’Aula Magna dell’Università Statale di Milano, occupata da oltre 2000 studenti, entrò il 30 maggio 1969 Dario Fo per presentare in anteprima assoluta il suo “Mistero Buffo”. Fu l’inizio di un percorso che attrasse subito centinaia di migliaia di persone, la maggior parte delle quali non frequentavano il teatro nei circuiti classici e convenzionali. Riproposto dal 1969 ad oggi in oltre 5000 allestimenti, in Italia e all'estero, nelle piazze, nelle scuole, nelle fabbriche, nei teatri, e anche nelle chiese! Arricchito di volta in volta da nuove e diverse giullarate, “Mistero Buffo” è uno straordinario impasto comico-drammatico le cui radici affondano nel teatro popolare, quello delle sacre rappresentazioni medievali (chiamate misteri), dei giullari e della commedia dell'arte. Per anni Dario Fo, insieme a Franca Rame, ha raccolto documenti di teatro popolare di varie regioni italiane e li ha ricostruiti in questo spettacolo dal sapore ironico e profetico che diverte, stimola, affascina, ed ha la capacità di coinvolgere anche le più giovani generazioni. Le giullarate, infatti, affrontano tematiche sempre attuali: il potere, l’ingiustizia, la fame, la ribellione, la ricerca di una vita degna da condividere gioiosamente. La lingua in cui vengono recitate è un particolare insieme di dialetti delle regioni settentrionali e centrali dell’Italia, una lingua sempre perfettamente comprensibile grazie alla forza della gestualità che accompagna la narrazione. Si tratta di un monologo senza scenario, senza musica, senza costumi, che sollecita l’immaginazione e la partecipazione degli spettatori al punto da rendere quasi visibile, sulla scena, una molteplicità di personaggi, di oggetti e di luoghi. Il carattere di questa recitazione ci riporta di colpo alle origini della tradizione orale, della narrazione pura che trova la sua forza nella ricchezza del racconto e nella mimica dell’attore.

Francesca Cecconi
Da attrice a fotografa di scena per approdare alla mise en espace delle proprie critiche. Under35 precaria con una passione per la regia teatrale. Ha allestito una sua versione di Casa di bambola di Ibsen. Se fosse un’attrice: Tosca D’Aquino per somiglianza, Rossella Falk per l’eleganza, la Littizzetto per "tutto" il resto.