ARCHIVIO SPETTACOLI

    Quasi una vita, R. Bacci (2018)

    Titolo: Quasi una vita

    Drammaturgia Stefano Geraci, Roberto Bacci
    Con Giovanna Daddi, Dario Marconcini, Elisa Cuppini, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrini
    Musiche Ares Tavolazzi
    Allestimento Sergio Zagaglia, Stefano Franzoni, Fabio Giommarelli
    Assistente alla regia Silvia Tufano
    Scrittura fisica Elisa Cuppini
    Scenografa pittrice Chiara Occhini
    Assistente Costumi Chiara Fontanella
    Regia, scene e costumi Roberto Bacci
     
    Produzione Fondazione Teatro della Toscana
    Foto di scena Roberto Palermo

    …un sasso, una foglia, una porta nascosta; di un sasso, una foglia, una porta. E di tutti i volti dimenticati. Nudi e soli siamo venuti in esilio. Nel suo oscuro grembo non conoscemmo il volto di nostra madre. Dalla prigione della sua carne siamo giunti all’indescrivibile, indicibile prigione di questa terra. Chi di noi ha conosciuto il fratello? Chi ha guardato nel cuore del padre? Chi non è rimasto per sempre prigioniero? Chi non è per sempre solo e straniero? O immane desolazione, persi nei torridi labirinti, tra le stelle lucenti su questo tizzone esausto e spento, persi.
    … un sasso, una foglia, una porta nascosta.
    Dove? Quando?
    Thomas Wolfe

    Note di regia

    Ciò che resta di noi è ciò che gli altri ricordano nel tempo che a loro resta.
    La domanda che ci portiamo dentro e nello spettacolo è quella che riguarda l’attraversare l’ultima porta che ci resta nascosta oltre la quale ci attende un incerto viaggio nel Chissàdove.
    È quasi una vita quella che ci è data e, mentre la viviamo, così occupati a rincorrere ciò che resta da essere e da fare, il Teatro può interrogarci sul futuro di ciò che siamo stati.
    Prendiamo allora la vita di due persone qualsiasi e raccogliamone i ricordi, gli affetti, gli oggetti, i costumi, le parole che hanno detto ed anche amato.
    Ci specchiamo ed osserviamo, attraverso il destino di altri da noi, il destino del personaggio che portiamo la sera con noi a teatro.
    Il Chissàdove può diventare un luogo senza tempo e senza spazio, il qui e ora di un attimo della nostra vita in cui, mentre una porta si chiude alle nostre spalle, contemporaneamente la stessa porta si apre davanti a noi verso un luogo sconosciuto. 
    Sonnambuli, con la speranza di incontrare un IO permanente che continuamente si nasconde alla nostra coscienza e che, in Quasi una vita, raramente abbiamo vissuto.
    Roberto Bacci

    Note del drammaturgo

    Ogni sera un congedo

    Se fosse stato cinema, questo spettacolo si sarebbe potuto ascrivere al genere biopic, quella fiction che si fonda su biografie reali, oggi di nuovo in voga e in alcuni casi con esiti molto suggestivi. La preparazione, almeno, è stata analoga. Abbiamo raccolto e registrato i racconti biografici di Dario Marconcini e Giovanna Daddi, attori e amici di lunga data con una intensa storia di teatro e vita in comune lunga quasi sessant’anni. 
    Il motivo di questa scelta non è stato però quella di raccontare le loro vite, ma di attraversarle insieme. 
    Avevamo alcune domande con noi. 
    Cosa resta delle nostre vite quando ci volgiamo indietro e ci chiediamo: cosa abbiamo combinato? E il teatro ci concede un tempo per intravedere un disegno nei passi che abbiamo compiuto e che casomai abbiamo calpestato maldestramente senza neanche accorgersene? 
    Forse la parola più adatta per descrivere questo lavoro è «congedo», così come si usa nella poesia in forma di canzone: quei versi finali in cui l’autore rivolgendosi a se stesso chiede ai lettori di farsi carico dell’ombra del poeta, attraverso la vita dei suoi versi.
    Lo spettacolo teatrale però non può fissare per sempre il momento del commiato. La sua virtù è altrove: creare una forma fatta apposta per sparire, ogni sera, di fronte agli spettatori. Se va bene, saranno loro a far viaggiare quel che resta di una esistenza nella loro memoria, e se un disegno esisteva, saranno gli spettatori a scoprirlo perché avrà provocato un’eco, una assenza, un’intima complicità con le loro vite. 
    Le scene di Quasi una vita raccolgono e compongono gesti e parole dispersi in una storia d’amore, nel presentarsi della vecchiaia, nell’incerto confine che separa la malattia dalla salute, in abitudini e memorie teatrali che scavano i corpi ma che illuminano il passare del tempo con l’intensità di chi ancora ha il coraggio e l’incoscienza di voler debuttare nella vita. 
    Quando raccoglievamo i racconti che avrebbero fornito le tracce dello spettacolo e del compito degli attori che li avrebbero accompagnati sulla scena, Dario e Giovanna hanno chiesto a noi, intrufolati nelle loro vite mentre con generosa cautela ce le affidavano, se molte storie o storielle in cui vita e teatro erano inestricabilmente impastate fossero superflue o addirittura ridicole. 
    Forse sì.
    Ma forse il teatro è sempre ad un passo dal ridicolo. Perché la dedizione di una vita non sembra valerne la pena, perché pretende di muovere ombre troppo più grandi delle mani che ha a disposizione, perché agisce «come se» potesse trasformare la realtà: fino a quando può capitare che, per vie impreviste, ci commuove perché per un attimo, in un fuggevole frammento, è arrivato alla verità.
    Stefano Geraci

    SGUARDAZZI/RECENSIONI