A ciascuno i sogni suoi

Sguardazzo/recensione di "Non ti pago"

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Cosa: Non ti pago
Chi: Gianfelice Imparato, Carolina Rosi, Massimo De Matteo, Edoardo De Filippo
Dove: Livorno, Teatro Goldoni
Quando: 21/01/2016
Per quanto: 120 minuti

Non è possibile incominciare questa recensione senza ricordare Luca De Filippo, regista e primattore della compagnia che da anni porta in scena il repertorio di Eduardo con ininterrotti consensi di pubblico e critica. Al posto di De Filippo, scomparso due mesi fa, c’è ora Gianfelice Imparato.

La vitalità del teatro si alimenta anche di questi “passaggi di consegne”; e la vitalità del teatro eduardiano, in particolare, mi pare consista proprio nel suo adattarsi con facilità ai momenti storici e agli interpreti che può incontrare.

Non ti pago! ha una trama semplice e nondimeno sconcertante («una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto», ne disse Eduardo): Ferdinando Quagliuolo, titolare di un banco lotto a Napoli, crede ai sogni; e crede che i sogni si possano impugnare come un testamento. Per questo, quando il suo dipendente Mario Bertolini imbrocca una ricca quaterna milionaria giocando i numeri “consegnatigli” nottetempo dal defunto padre di Ferdinando, quest’ultimo si rifiuta di pagare la vincita, sostenendo che il genitore è apparso in sogno alla persona sbagliata.

Non-ti-pago_06-580x382Quale ragione prevale nell’ostinata, dispettosa, rancorosa opposizione di Ferdinando? L’invidia furibonda che acceca il giocatore perdente di fronte a uno più fortunato? L’indole superstiziosa, tipicamente partenopea, che assimila i propri avi a numi tutelari, al pari di santini privati? Un pretesto per opporsi alle nozze di Bertolini con la figlia?

I tre sentimenti pesano alla stessa maniera, o quantomeno affiorano con eguale spinta dal fluido tragicomico della vicenda. Ma credo vi sia una motivazione ulteriore, una costruzione drammaturgica che considero tra le dominanti della scrittura eduardiana: l’esautorazione (o anche solo l’indebolimento) del ruolo del capofamiglia, colui il quale, di diritto e per dovere, deve tenere le redini, stabilire regole, essere informato di ogni cosa. Sopraffazioni e rivalse, scoppi d’ira e riappacificazioni, gelosie e insicurezze sono spesso generate da una sovranità familiare intaccata, da una linea gerarchica minacciata da un evento casuale, tragico o improvvido.

Non ti pago - Gianfelice Imparato (foto Masiar Pasquali)Nella regia di Luca De Filippo c’è tutto questo; così come nella recitazione della compagnia, perfetta per tempi comici e armonia. Una leggerezza che è il frutto maturo di una consapevole memoria di sé e della propria tradizione. Imparato prende la parte con franchezza, senza mettere nei gesti più di quanto dicano le parole; così fa Massimo De Matteo (Bertolini), che può giocare di rimessa. Tra i comprimari, tutti eccellenti, Giovanni Allocca sfrutta a dovere le esilaranti battute dell’untuoso avvocato Strummillo.

Scenografia leggera e ariosa, dall’impaginazione convenzionale. Di Nicola Piovani, in locandina alla voce “musiche”, sono le insulse marcette che fanno da preludio agli atti.

Dopo due ore di spettacolo applausi sostanziosi da parte dello stagionato pubblico livornese.

NON-TI-PAGO-foto Masiar Pasquali

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un numero sarebbe... da 1 a 90

Locandina dello spettacolo



Titolo: Non ti pago

di Eduardo De Filippo
con Gianfelice Imparato (sostituto di Luca De Filippo dopo la morte dell’artista), Carolina Rosi , Nicola Di Pinto, Massimo De Matteo e Giovanni Allocca, Carmen Annibale, Gianni Cannavacciuolo, Viola Forestiero, Paola Fulciniti ed altri due interpreti in via di definizione
scene Gianmaurizio Fercioni
costumi Silvia Polidori
produzione Elledieffe


Continuando il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo, la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone NON TI PAGO, commedia tra le più brillanti del repertorio eduardiano che lo stesso grande drammaturgo napoletano ha definito “una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto”.  La commedia parla di sogni, vincite al lotto, superstizioni e credenze popolari di un’umanità dolente e sfaccendata, che nella cruda realtà quotidiana fatta di paure, angosce e miseria non rinuncia però alla speranza, all’illusione, all’ingenua attesa di un colpo di fortuna che determini un futuro migliore. Il protagonista Ferdinando Quagliolo, è personaggio ambiguo e surreale, che vive tra sogno e realtà. Gestore di un botteghino del lotto a Napoli è un accanito giocatore eccezionalmente sfortunato. Al contrario un suo impiegato Mario Bertolini, suo futuro genero, interpretando i sogni, colleziona vincite su vincite e addirittura un giorno gli capita di vincere una ricca quaterna di quattro milioni delle vecchie lire datagli in sogno proprio dal defunto padre del suo datore di lavoro. Accecato da una feroce invidia Don Ferdinando si rifiuta di pagargli la vincita e rivendica il diritto di incassare la somma per se. Egli sostiene che lo spirito di suo padre avrebbe commesso un involontario scambio di persona recandosi per errore nella vecchia abitazione della famiglia Quagliolo dove ora risiede il giovane Bertolini. La commedia si sviluppa intorno ai vari tentativi di Ferdinando di appropriarsi del biglietto vincente con esasperate contese, dispute surreali e grottesche maledizioni.

Carlo Titomanlio
È una persona serissima.