Ombre e fantasmi di una Napoli viva

Sguardazzo/recensione di "Toni Servillo legge Napoli"

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Cosa: Toni Servillo legge Napoli
Chi: Toni Servillo
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 21/03/2016
Per quanto: 80 minuti

La città partenopea prende vita nella voce di Toni Servillo che la accompagna nei cuori degli spettatori con grande pathos e maestria recitativa. Un viaggio dalle infinite sfumature e contraddizioni, in una comunità così vitale e così miserabile. Servillo legge Napoli, un percorso simil-dantesco che rovescia il cammino post-morte dall’incipit di uno scanzonato vertice celeste per approdare in un inferno tutto napoletano.

La scelta dei testi, attuata dallo stesso artista, sviscera l’immenso fascino di una lingua madre, protagonista di secoli di letteratura impersonata e drammatizzata dalla mimica, dal gesto e dal corpo. Napoli è dipinta attraverso le parole di autori del passato e contemporanei tra cui Salvatore Di Giacomo, Eduardo De Filippo, Ferdinando Russo, Enzo Moscato, Mimmo Borrelli; e lo stesso Servillo restituisce tramite le loro visioni una tangibilità fatta di colloqui e commerci tra il mondo terreno e l’aldilà. Tra gli stadi dell’oltretomba, l’attore attacca con Vincenzo De Pretore (De Filippo), mariuolo al cospetto di Dio, e già con questo primo pezzo il pubblico si immerge totalmente nella filosofia made in Napoli.

Non è solo una lettura poiché l’attore interpreta, secondo i propri filtri” razional-emotivi, le parole dei più grandi autori della tradizione napoletana. I testi sono, infatti, modulati da una interpretazione intima e viscerale cosicché lo spettatore è mosso da impressioni, incanti, emozioni che non risparmiano nemmeno imprecazioni popolari o canzonette a mo’ di stornelli. Sono, invece, partorite per l’occasione Sogno Napoletano di Giuseppe Montesano, in cui una Napoli apocalittica rimane speranzosa e si rialza dallo sconforto, e ‘O vecchio sott’o ponte di Maurizio De Giovanni, dove si racconta l’atroce smarrimento dovuto alla perdita di un figlio.

Toni_Servillo_legge_Napoli_4Ecco che si delinea chiaramente un filo rosso che unifica la relazione tutta partenopea con la morte, il “mercato” che i napoletani istituiscono con i defunti, con i santi, con Dio; oltre alla lingua, antica, modellata dal tempo e dalle continue trasformazioni che gli stranieri le hanno conferito. Servillo ha omaggiato l’umana fragilità di Napoli e lo ha fatto con la massima sensibilità. Chi, se non lui, pluripremiato attore di cinema e di teatro, seguito da un pubblico eterogeneo, poteva introdurci negli incubi e nei sogni di una Napoli divertente, disperata, tragica, interiore e politica, con un’andatura ascensionale che ci trascina di visione in visione tra paradiso, purgatorio e inferno? Cicerone tra i più reconditi anfratti dell’animo napoletano, l’attore ci guida in una città che si incuriosisce e si reinventa ancora, nonostante tutto; un viaggio nella napoletanità della lingua e della gente che non solo decanta la bellezza del capoluogo campano ma esalta il dolore di una città invalidata, tuttavia con tanta voglia di reagire.

Toni Servillo ci ha restituito tutta la tradizione della più popolare tra le città con una performance, o meglio un reading, animato anche dalla sua affinatissima tecnica attoriale. Solo, davanti a un leggio, accompagnato unicamente dalla parola e dal gesto, Servillo ha fatto il tutto esaurito al Teatro Era. Esperienza irripetibile, squarcio e ferita attraverso cui guardare una città che si identifica come nessun’altra nella propria tipicità; e lui, ancora una volta, grazie ai mille volti che lo hanno reso più amato che mai, ci restituisce una Napoli intima, precaria e autentica. Così, è successo che l’oralità ha ricambiato l’infinita grandezza di poeti e scrittori che di Napoli hanno dipinto come nessuno i suoi “mille colori”.

(di Giulia Valenti)

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un numero sarebbe... il tre

Locandina dello spettacolo



Titolo: Toni Servillo legge Napoli

testi di Salvatore Di Giacomo, Eduardo de Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano, Antonio De Curtis, Michele Sovente con Toni Servillo Un sentito omaggio alla cultura partenopea, che l’attore rende immergendosi nella sostanza verbale di poeti e scrittori che di Napoli hanno conosciuto bene la carne e il cuore. È il ritratto di una città dai mille volti e dalle mille contraddizioni, divisa fra l’estrema vitalità e lo smarrimento più profondo, una città di cui la lingua è il più antico segno, forgiato dal tempo e dalle contaminazioni. “Ho scelto questi testi”, rivela un appassionato Servillo, “perché ne emerge una lingua viva nel tempo, materna ed esperienziale, che fa diventare le battute espressione, gesto, corpo”. Toni Servillo affronta la sostanza verbale di dieci poeti e scrittori, testimoni della città nel passato e nel presente, offrendo attraverso emblematici scritti il quadro sintetico di una realtà impietosa ai limiti del paradosso, tra pulsioni e pratiche, carne e sangue. Ne emerge un bisogno perentorio di non rinunciare ad una identità sedimentata da quattro secoli di letteratura. Accanto a poemetti ormai considerati fra i grandi classici del Novecento come Lassamme fa’ a Dio di Salvatore di Giacomo e De Pretore Vincenzo di Eduardo de Filippo, due liriche di Ferdinando Russo, ‘A Madonna d’‘e mandarine E’ sfogliatelle, e l’attualissima Fravecature di Raffaele Viviani. Servillo dà poi voce alla sanguigna e veemente invettiva de A sciaveca di Mimmo Borrelli e alla lingua contemporanea, colta ed allusiva di Litoranea di Enzo Moscato, tagliente riflessione sulle contraddizioni e sul degrado di Napoli, che, nel 1991, costituiva il finale di Rasoi, spettacolo-manifesto di Teatri Uniti. Assolutamente inedite e composte per la circostanza sono ‘O vecchio sott’o ponte di Maurizio De Giovanni, a raccontare l’inumano dolore per la perdita di un figlio, e Sogno napoletano di Giuseppe Montesano, in cui, dichiarata la dimensione onirica, l’apocalisse lascia il passo ad un salvifico, auspicato, risveglio delle coscienze. Entrambe si infrangono nella successiva sequenza, aspra e feroce, di Napule, crudo ritratto della città scritto da Mimmo Borrelli. “Oltre la lingua – aggiunge Toni Servillo - il filo rosso che attraversa e unisce la serata è il rapporto speciale, caratteristico di tantissima letteratura napoletana, con la morte e con l’aldilà, il commercio intenso e frequente con le anime dei defunti, i santi del paradiso e Dio stesso”. Novanta intensi minuti che l’attore conclude con 'A livella di Totò, Primitivamente di Raffaele Viviani, ‘Nfunno di Eduardo de Filippo e infine Cose sta lengua sperduta di Michele Sovente.