Travestimenti shakespeariani nel carcere di Volterra

Sguardazzo/recensione di "Dopo la tempesta. L'opera segreta di Shakespeare"

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Cosa: Dopo la tempesta. L'opera segreta di Shakespeare
Chi: Armando Punzo, Compagnia della Fortezza
Dove: Volterra (PI), Carcere di Volterra/Fortezza Medicea
Quando: 28/07/2016
Per quanto: 105 minuti

Ed eccoci nel cortile del carcere di Volterra. Rinominato Spazio Artaud. Dove ormai da alcuni anni si svolgono gli spettacoli realizzati dai detenuti del carcere sotto la regia di Armando Punzo.
Lo spazio è allestito come l’anno passato: tante croci di legno di diverse misure, scale anch’esse di legno e un letto nella zona centrale dello spiazzo a cielo aperto. Il pubblico sta su due lati del rettangolo scenico. L’eco metallica di stoviglie lasciate cadere, e il tonfo dei passi di uno dei diversi personaggi presenti nella scena, accolgono l’ingresso degli spettatori. La prima cosa che si nota è la difficoltà a capire quale sia la zona, o il personaggio, su cui indirizzare la propria attenzione. Mancano le luci teatrali che normalmente indicano quale sia il fulcro dell’azione. La luce del sole mette tutto sullo stesso piano.
Una voce registrata dà il via alla rappresentazione che si svolge con la stessa, lenta cadenza ritmica di una processione da festa di paese, per tutta la durata della performance. Diverse figure attraversano lo spazio, da sole o in gruppo, in abiti o accessori che alludono a un immaginifico 1600.

TEATRO: PUNZO E LA COMPAGNIA DELLA FORTEZZA, SPETTACOLO 'DOPO LA TEMPESTA'

Solo due figure femminili, un bambino e un signore vestito di nero (il regista medesimo) hanno abiti “moderni”. A volte si formano dei quadri viventi. L’uomo in nero accosta il proprio volto, microfonato, a quello di un personaggio permettendogli, così, di amplificare la propria voce. Si susseguono, quindi, con la cadenza recitativa di un rito sacro, diversi frammenti di testo tratti per lo più da La tempesta di Shakespeare.

Poco rimane, però, di tutti quei versi. Resta invece negli occhi la processione dei corpi a dorso nudo dei detenuti-attori. La loro presenza fisica va ben oltre il personaggio che dovrebbero impersonare. Anzi: il personaggio viene quasi completamente cancellato, dimenticato, rimosso dalla concretezza di questi corpi scolpiti, “palestrati”, dai quotidiani esercizi permessi nella detenzione.

Anche il tema dello spettacolo passa in secondo piano come l’eco delle stoviglie lasciate cadere e al quale non si fa più caso. La tempesta di Shakespeare sembra quasi solo un pretesto per mettere in scena l’esistenza di questi corpi reclusi che si fanno teatro. Tutta la performance è così una sorta di grande travestimento teso a svelare, come ogni maschera, quello che non si riesce a mostrare in quella condizione che viene considerata di normalità. In questo caso si svelano i reclusi, i separati, i colpevoli di reato “normalmente” nascosti alla vista dei “liberi”.

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La forte presenza delle croci innesca facili analogie cristologiche: i poveri cristi rinchiusi dietro le sbarre. Come l’incedere cadenzato con il quale viene attraversata la scena e il recitativo monocorde con il quale vengono declamati i testi fanno pensare a certe rappresentazioni sacre di cui si trovano ancora tracce nelle feste patronali del sud Italia.
Sorprende che nelle note di regia non ci sia nessun riferimento a questa tradizione, anche se si legge che “Tradire la forma che Shakespeare ci ha consegnato è l’unica possibilità che ci è data” per andare oltre un poco chiaro “errore drammaturgico” del bardo.
Come sorprende negativamente la presenza del regista-uomo-nero che “amplifica la voce” agli attori-detenuti. Pare evidenziare drammaticamente il rapporto di potere che sta alla base di questa esperienza teatrale come alla base del peggior teatro di regia. E non pare che questo possa essere un bell’esempio di “città ideale” (tema del festival di quest’anno) quanto, piuttosto, la dimostrazione di impotenza di questa regia di riuscire a immaginare altro da quello che già esiste. Impotenza dichiarata nelle ultime righe delle note registiche: “Li [in Shakespeare]vige una ferrea coerenza, qui l’incoerenza, l’illogicità, l’impossibile, lo straripamennto dagli argini. Come Dèi che guardano dall’alto la follia degli uomini. Il delirio di onnipotenza di Shakespeare. E il mio sogno di impotenza”. Dichiarazione che comunque poco salva la qualità teatrale della performance.
Alla fine come sempre grandi applausi, meritati, per gli attori detenuti: alla loro esistenza.

[Sullo stesso spettacolo, leggi lo sguardazzo di Gemma Salvadori]

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VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un proverbio sarebbe... tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

Locandina dello spettacolo



Titolo: Dopo la tempesta. L'opera segreta di Shakespeare

regia e drammaturgia Armando Punzo

musiche originali e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
aiuto regia Laura Cleri
movimenti Pascale Piscina
assistente alla regia Alice Toccacieli
video Lavinia Baroni in collaborazione con VaiOltre!
aiuto scenografo Yuri Punzo
collaborazione drammaturgica Giacomo Trinci, Lidia Riviello
collaborazione artistica Adriana Follieri, Daniela Mangiacavallo, Pier Nello Manoni, Marco Mario Gino Eugenio Marzi, Debora Mattiello, Francesco Nappi, Marta Panciera, Luisa Raimondi, Francesca Tisano, Carolina Truzzi
assistenti stagisti Marta Fasulo, Gabriella Indolfi, Azzurra Lochi, Eleonora Risso, Edoardo Trentini

direzione tecnica Carlo Gattai
light designer Andrea Berselli
suono Alessio Lombardi

con Armando Punzo
e gli attori della Compagnia della Fortezza Salvatore Altieri, Sebastiano Amodei, Vincenzo Aquino, Mohammad Arshad, Andrey Ayala, Saverio Barbera, Nikolin Bishkashi, Pellumb Brhama, Rosario Campana, Maxwell Caratti, Roberto Cecchetti, Ivan Chepiga, Giuliano Costantini, Ismet Cuka, Pierluigi Cutaia, Gianluigi De Pau, Luigi Di Giovanni, Amar Papa Diouf, Oktavian Dumitru, Nicola Esposito, Mohammed Essalmi, Vincenzo Fagone, Alban Filipi, Pasquale Florio, Heros Gobbi, Arian Jonic, Ibrahima Kandji, Nasser Kermeni, Kujtim Kodra, Giuseppe Lamacchia, Carmelo Dino Lentinello, Hai Tzen Lin, Matteo Macchiarelli, Domenico Maggio, Antonino Mammino, Massimo Marigliano, Paolo Marino, Gianluca Matera, Gaspare Mejri, Edmond Parubi, Bledar Peskura, Marian Petru, Ciprian Putanu, Hamadi Rezeg, Vincenzo Rubino, Tip Saiw Sai, Alvaro Sapana, Mario Serban, Vitaly Skripeliov, Lucian Tarara, Massimo Torre, Fabio Valentino, Alessandro Ventriglia, Sinan Wang, Tony Waychey, Qin Hai Weng

e con Elisa Betti, Eva Cherici, Gillo Conti Bernini, Giulia Guastalegname, Francesca Tisano

e i giovanissimi Gregorio Mariottini, Marco Piras, Andrea Taddeus Punzo de Felice, Tommaso Vaja

produzione VolterraTeatro/Carte Blanche

con il sostegno di MiBACT Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Toscana, Provincia di Pisa, Comune di Volterra, Comune di Pomarance, Comune di Castelnuovo V.C., Comune di Montecatini V.C., Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, Ministero della Giustizia C.R. Volterra


Quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare, secoli di esercizi sulla sua opera, di traduzioni, trasposizioni, di diatribe filologiche, di regie critiche, di adattamenti monologanti, di letture psicanalitiche, postmoderniste, destrutturaliste; “tradire per rispettare”, “ridurre per enfatizzare”: secoli di teatro come corpo a corpo ossequioso, sempre e comunque, con quell’affresco perfetto dell’umanità che il massimo autore inglese ha consegnato nei suoi testi, un travasare perpetuo da una forma all’altra un essere umano che si immagina scritto per sempre nelle pieghe meravigliosamente complesse di quei personaggi.

Con Dopo la tempesta. L’opera segreta di Shakespeare, Armando Punzo prova invece a mandare definitivamente all’aria ogni forma, ogni esercizio, dispositivo, e a dare vita a uno spettacolo liquido, un’opera monumentale che si confronti con tutto Shakespeare e con l’eredità filosofica che rappresenta. Un’opera totale che stravolga il canone occidentale di cui anche l’autore inglese è stato inventore, che stravolga il tempo, lo spazio, il ritmo, per mettere in discussione l’uomo, la sua forma rigida, la sua storia ingessata: l’apoteosi di quella utopia della libertà di poter sempre riscrivere tutto, anche quello che sembra impossibile da cambiare e da reinventare.

Di buchi neri, d’altronde, è disseminata l’opera di Shakespeare. Dentro quei testi Punzo cerca allora con la Compagnia della Fortezza il grande testo segreto, l’antidoto, il mistero che si nasconde nello spazio vuoto tra le parole, nelle maglie degli indugi di Macbeth e dei dubbi di Amleto. Tra quei fatti, tra quelle azioni e parole che vogliono rappresentare l’uomo c’è infatti uno spazio infinito da indagare, interrogare, che promette altro.

Giacomo Verdehttp://www.verdegiac.org
Autista, facchino e trovaroba, sopravvive occupandosi di teatro, video e arti visive dal secolo scorso. Riflettere sperimentando ludicamente sulle mutazioni tecno-antropo-logiche in atto e creare connessioni tra i diversi generi artistici è la sua costante.