«Anch’io non vorrei più essere io»: la versione della signorina Felicita

Sguardazzo/recensione di "La signorina Felicita ovvero la Felicità"

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Cosa: La signorina Felicita ovvero la Felicità
Chi: Lorena Senestro, Andrea Gattico, Massimo Betti Merlin, Guido Gozzano
Dove: Torino, Teatro Gobetti
Quando: 22/10/2016
Per quanto: 60 minuti

Se si ha la fortuna (o la sfortuna) di studiare Guido Gozzano sui banchi di scuola, qualsiasi spiegazione in merito al poeta torinese inizierà parlando della sua ironia. Non che sia sbagliato, ma quel tratto viene eretto a chiave di lettura quasi esclusiva della sua opera: il rapporto dell’Avvocato (alter-ego dell’autore) con gli altri personaggi è sfumato e all’indubbio cinismo si legano la compassione e l’invidia per i puri di cuore.

Lorena Senestro rompe tale visione riduttiva portando in scena Felicita, il personaggio gozzaniano più noto: colpisce subito l’aderenza della donna all’uomo che l’ha abbandonata. Non ne ha saputa cogliere l’ironia – come avrebbe potuto? – e ha creduto profondamente a tutto quello che l’Avvocato le ha detto, al punto da parlare (quasi) solo con le parole di poeta.

Il lavoro sul testo, della stessa Senestro, è una meticolosa opera di cucitura e adattamento di citazioni gozzaniane: non un gioco postmoderno con lo spettatore a riconoscere la fonte, bensì l’orditura di una ragnatela di significati che unisce, in modo misterioso, la conferma e la negazione della poetica dell’autore. La protagonista cita La signorina Felicita ovvero la Felicità, poemetto che dà il titolo allo spettacolo, passando dal tu all’io: «Taglio le camicie per mio padre. Ho fatto la seconda classe, m’han detto che la Terra è tonda, ma io non credo». Il monologo sembra suggerire che molte delle parole usate da Gozzano fossero quelle rivoltegli da Felicita, come le descrizioni delle «fiabe defunte delle sovrapporte». La ragazza è più maliziosa e consapevole di come la immaginiamo: sa che andrà ad affollare lo «stuolo delle deluse». In uno sfogo, ci rivela che il suo vivere semplice era una montatura per piacere all’Avvocato. Non sa che anche l’uomo stava simulando e, infatti, tra i versi ripresi non c’è (non potrebbe esserci) quello finale: «Ed io fui l’uomo d’altri tempi, un buono sentimentale giovine romantico… Quello che fingo d’essere e non sono!».

La signorina Felicita, Senestro-Betti Merlin (ph. AndreaMacchia))L’attrice/autrice è accompagnata da Andrea Gattico, al pianoforte: peculiare figura baffuta che, a volte, pare presenza estranea e, a volte, interagisce con la protagonista nei panni del padre. Le musiche originali ricreano l’atmosfera di inizio Novecento o fanno da sottofondo alla desolazione, con alcune trovate interessanti: prima tra tutte, la partita a carte, evocata con una cronaca del gioco su una pulsazione molto ritmica. La scenografia, essenziale, presenta sulla destra un pianoforte e, sulla sinistra, un tavolinetto da tè ingigantito, più alto dell’attrice. Pendono dall’alto tre coppie di cornici ovali secentiste, ad accennare il salotto fatto di «buone cose di pessimo gusto». Pochi oggetti di scena, tra cui un’alta cadrega (sedia in vari dialetti settentrionali), con cui il regista Massimo Betti Merlin sfrutta lo spazio in verticale. Il piccolo palco è conchiuso da tre pannelli verdi su cui sono disegnate delle farfalle in volo, in omaggio alla passione di Gozzano per il mondo entomologico.

La signorina Felicita, Senestro-Betti Merlin (ph. AndreaMacchia)Lorena Senestro racconta una Felicita in bilico tra la facciata serena, coerente con i doveri borghesi (il “cicaleggiare” in salotto), e la disperazione che emerge ogni tanto, portandola a momenti convulsi, in cui la norma sociale va in frantumi come le tazzine da tè che cadono a terra dal vassoio tormentato. Questo omaggio a Guido Gozzano, nel centenario della morte, è un vero atto d’amore nei confronti del poeta e dei suoi personaggi: una visione originale e sincera che, inevitabilmente, può cambiare il modo di leggere La signorina Felicita.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un mobile sarebbe... un comò d'antiquariato

Locandina dello spettacolo



Titolo: La signorina Felicita ovvero la Felicità

uno spettacolo di Lorena Senestro
con Lorena Senestro e Andrea Gattico (pianoforte)
regia Massimo Betti Merlin
progetto scenografico Massimo Betti Merlin, Francesco dell’Elba
musiche originali Andrea Gattico
luci Francesco dell’Elba
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro della Caduta


Nelle vesti della signorina Felicita, Lorena Senestro propone una personalissima interpretazione del celebre “salottino in disuso” di Gozzano, a cent’anni dalla morte dello scrittore.

La breve e malinconica trama della biografia di Guido Gozzano ha sempre agito sopra i lettori della sua opera poetica con una irresistibile forza di suggestione: esteta, dandy, incapace di vivere pienamente la vita – «il triste che cerca l’amore per il mondo, vizioso fanciullo viziato, sulle orme del piacere vagabondo». Felicita è appartenuta davvero alla biografia del poeta, ma con un nome diverso. Nello spettacolo la ritroviamo nel salotto della sua “casa centenaria”, imprigionata dai ricordi e anch’essa “in disuso”, sempre nubile, in compagnia del cucù e del mobilio che assumono, come fantasmi, proporzioni smisurate. Immobilizzata nel tempo sospeso dell’attesa, spera nel ritorno di Guido. Ma lui non tornerà più: stroncato a trentadue anni dalla tubercolosi, è vivo solo nei ricordi di giovinezza di Felicita. Una esistenza di provincia, spesa in compagnia del padre “quasi bifolco” e ravvivata dall’emozione degli incontri con Guido, il “poeta vagabondo”, suo primo e forse unico innamorato. Gozzano si presenta allo stesso tempo come scrittore e come personaggio, a metà strada, come aveva avuto modo di sottolineare Eugenio Montale, tra antico e nuovo, tra cultura romantico-verista e decadente, con le sue rime irripetibili in cui ritmo, suono, immagini, senso, si fondono mirabilmente, lasciando dietro di sé lo spettro di passeggiate e giardini, fondali torinesi, atmosfere e malinconie dettate dalla contemplazione del passato. L’attrice ha lavorato alla drammaturgia come Felicita alle camicie del padre: cuce pazientemente, con lavoro accurato, solo quegli estratti dei versi in grado di prendere vita sul palcoscenico, passati al vaglio della prova pratica dell’attore sulla scena. Massimo Betti Merlin e Lorena Senestro sono gli animatori di una delle più interessanti esperienze off nazionali, il Caffè della Caduta, un piccolo spazio teatrale dove pubblico e artisti si incontrano prima e dopo gli spettacoli, condividendo informalmente lo spirito del teatro

Andrea Balestri
Non è il Pinocchio di Comencini. Apparentemente giovane, studia teatro (non solo) musicale tra Pisa e Roma. Serie tv, pulizie e viaggi in treno occupano il resto della sua vita. Archivia i ricordi in congelatore e si lava i capelli tutti i giorni.