Il tocco di Kemp e i pelaghi del melodramma

Sguardazzo/recensione di "Il flauto magico (Die Zauberflöte)"

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Cosa: Il flauto magico (Die Zauberflöte)
Chi: W.A. Mozart, Lindsay Kemp, Dejan Savić
Dove: Pisa, Teatro Verdi
Quando: 15/01/2017
Per quanto: 160 minuti

Sbarca al Teatro Verdi di Pisa la nuova produzione di Il flauto magico con la regia di Lindsay Kemp, danzatore e coreografo di fama mondiale che da anni vive in Toscana. Il Teatro Goldoni di Livorno ha affidato all’artista inglese l’allestimento dell’ultima opera mozartiana che, a Lucca, concluderà la tournée (almeno per ora).

Dopo l’ouverture si sente un fortissimo tuono e si illumina una scena dipinta che mostra un palazzo con tre porte immerso nella natura: arriva Tamino, sfuggendo a un tirannosauro incredibilmente realistico, soprattutto nei movimenti. Già da qui si capisce la tendenza all’azione dipanata lungo l’asse orizzontale, ispirata anche dalla scenografia bidimensionale. Sembra quasi di trovarsi in uno di quei videogiochi tanto diffusi negli anni Ottanta. I personaggi sono caratterizzati dal costume (disegnato dallo stesso Kemp) e, soprattutto, da un colore dominante: un blu principesco per Tamino, il prevedibile verde Papageno, mentre Pamina tende al rosa confetto; nero per la Regina della Notte e le sue dame, bianchi i tre gaii paggetti (in bicicletta) che guidano l’eroe verso Sarastro e i suoi seguaci (tutti in arancione).

Dietro l’apparente semplicità della scenografia di Sergio Seghettini si nasconde un obiettivo ambizioso: la parete di fondo, le quinte e il cielo sono stati dipinti dagli allievi del liceo Cecioni di Livorno, approfittando dei progetti di alternanza scuola-lavoro; ulteriore testimonianza dell’impegno del Goldoni nel coltivare rapporti con la città e il territorio.

Il cast è composto da cantanti tutti corretti, in cui spicca solo William Hernandez (Papageno) per un’esuberanza trascinante che avevamo già notato quando fu protagonista in Il barbiere di Siviglia due stagioni or sono. Gli altri fanno quello che ci si aspetta, mediamente senza grandi errori, ma anche senza grandi performance.

Il flauto magico, gustosissimo Singspiel del 1791, è l’opera ultima di Mozart, quella in cui è più esplicita l’influenza massonica: il topos del rito di iniziazione, già visitato per Così fan tutte, qui è elevato a tema portante. Tamino dovrà dimostrarsi «fermo, paziente e riservato» per arrivare alla Verità ed essere ricompensato con l’amore di Pamina. Sono gli anni in cui inizia a formarsi lo stereotipo del maschio moderno, quell’immagine dell’uomo in cui l’autocontrollo è un valore al pari della forza e di cui Tamino è quasi un precursore.

La ricchezza di simboli – derivante dall’impronta massonica – e la commistione di stili e generi che Mozart mette in campo sembrano le condizioni perfette per Kemp, il cui lavoro è sempre sfuggito alle definizioni (danza, teatro, mimo) includendole tutte, ma non esaurendosi in nessuna. Invece, i movimenti dei cantanti non si discostano da quelli consueti nella lirica, salvo alcuni piccoli episodi coreografici non perfettamente eseguiti. La danza è appaltata a tre danzatori “finti afro” che saltellano qua e là e a un nugolo di bambini vestiti da scimmiette o uccellini che girano intorno ai personaggi. La poetica di Kemp e la sua visione di Zauberflöte rimangono inespressi, probabilmente vittime di alcuni fattori come le peculiarità attoriali dei cantanti (fisicamente poco flessibili, anche per esigenze esecutive) e la consuetudine diffusa – non solo nel melodramma – di limitare le prove per il regista. Seppure il risultato musicale e il processo di produzione siano encomiabili, il risultato, sul piano artistico, ha il sapore di un’occasione mancata.

Applausi calorosi dalla sala pisana, gremita fino all’ultimo posto per entrambe le recite.

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... una compagnia aerea sarebbe... Pan Am

Locandina dello spettacolo



Titolo: Il flauto magico (Die Zauberflöte)

opera tedesca in due atti
libretto Emanuel Schikaneder
editore Bärenreiter

cast da definire

direttore Dejan Savić
regia, scene e costumi Lindsay Kemp
regista assistente Daniela Maccari
luci Lindsay Kemp e David Haughton
progetto scenografico Sergio Seghettini

Sarastro Manrico Signorini
Tamino Blagoj Nacoski
Regina della Notte Sarah Baratta / Maria Laura Martorana
Pamina Yukiko Aragaki
Papageno William Hernandez
Papagena Silvia Lee
Monostatos Antonio Pannunzio
Prima Dama della Regina Roxana Herrera Diaz
Seconda Dama Sara Paone
Terza Dama Carlotta Vichi
Oratore degli Iniziati, Primo Sacerdote, Secondo armigero Eugenio Di Lieto
Secondo Sacerdote, Primo armigero Giuseppe Raimondo
Tre Geni – Fanciulli Chiara Delfino, Francesca Spiller, Agnese CasarosaMargherita Carnicelli, Martina Niccolini, Alice Schiasselloni
(Elementi del Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni)

Orchestra della Toscana 

nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno
coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro di Pisa
in collaborazione con Luglio Musicale Trapanese


Die Zauberflöte (Il Flauto magico), opera geniale ed ultima di Mozart che scomparve appena due mesi dopo averne finito la composizione, torna con tutto il suo intreccio di passioni, magia, favola e poesia, nella nuova produzione che la Fondazione Goldoni cura quale titolo unico regionale per la Stagione 2016-17 insieme al Teatro del Giglio di Lucca e alla Fondazione Teatro di Pisa, in un nuovo allestimento che sarà realizzato in collaborazione con il Luglio Musicale Trapanese e che recherà la firma di Lindsay Kemp. Con un soggetto che trascende con spontanea scioltezza tutte le categorie ortodosse, miscelando sacro e profano, serietà e comicità, fantastico e quotidiano, quest’ “Opera tedesca in due atti” fino dal suo primo apparire alla fine del 1791 non era indirizzata esclusivamente ad un pubblico aristocratico e raffinato ma anche, e soprattutto, al popolo in cerca di divertimento spettacolare. Ed anche il teatro di Kemp è sempre stato popolare e colto allo stesso tempo, un teatro che vuole divertire e che riesce a parlare a tutti, perché usa un linguaggio poetico e magico. Mozart diede ad una simbologia narrativa alquanto naif (l’amore fra un principe e una principessa, draghi e strumenti musicali magici, complotti cosmici e commedia contadina) una risonanza archetipica universale, investendola con una profondità e brillantezza irresistibile. Per permettere che questo avvenga anche nella messa in scena (e non soltanto nell’ascolto ad occhi chiusi), il regista deve saper dare ai personaggi ed alle situazioni del racconto un’ampiezza di significato insieme ad una nitidezza di forma, un respiro ed insieme una semplicità che lascia all’immaginazione dello spettatore lo spazio per rendere tutto ciò credibile, creando una logica da mito fiabesco nel quale gli eventi più improbabili abbiano l’inevitabilità di un sogno... e questo è da sempre l’approccio di Kemp alle sue creazioni teatrali. L’opera sarà rappresentata in lingua originale con sottotitoli in italiano.

Andrea Balestri
Non è il Pinocchio di Comencini. Apparentemente giovane, studia teatro (non solo) musicale tra Pisa e Roma. Serie tv, pulizie e viaggi in treno occupano il resto della sua vita. Archivia i ricordi in congelatore e si lava i capelli tutti i giorni.