Molto strepito per nulla

Sguardazzo/recensione di "Taci"

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Cosa: Taci
Chi: Girolamo Deraco, Maria Elena Romanazzi, Diego Sánchez Haase, Orchestra Sinfonica "Città di Grosseto"

Dove: Lucca, Teatro del Giglio
Quando: 23/02/2018
Per quanto: 0 minuti

Io, che sono Arlecchino, amo la sintesi.
A teatro, dove raramente sopravvivono i segreti di tale virtù, spesso m’annoio, e non solo quando il muro delle ore s’inerpica. Amo a tal punto la sintesi, che «l’opera più breve del mondo» non poteva non attrarre la mia attenzione.

Una sbriciolata di pubblico, tra platea e prim’ordine: studenti, professori, curiosi, un neonato, una bambina. E Alessandro Sesti, patron del festival Dillo in sintesi, di cui Taci è il ben comunicato evento musicale.
Palco apparecchiato all’orchestra: quattro sedie in proscenio, occupate da compositore, soprano, direttore e compositore ospite”. In piedi, a officiare, il “provocatore”, secondo locandina: benché di contenzioso, per il vero, non se ne veda. Ciascuno espone la propria con garbo, dicendo essenzialmente di sé: una silloge di descrizioni, interpretazioni, anticipazioni, aneddoti, incluso quello delle prove per la prima, in Ungheria, con le contrabbassiste a squadrar il pentagramma in cerca di… note.
Frutti d’una drammaturgia condensata in un gesto, d’un libretto distillato in una parola, d’un crescendo teso a un silenzio da «
mantenere il più possibile», secondo partitura. Al tutto soggiace una poetica per cui la creatività coincide con l’elaborazione di forme inedite, suggellata dall’affermazione di come Taci sia già opera «entrata nella storia». Ma questo non spetterebbe dirlo agli storici? Io, che sono Arlecchino, e che nella storia ci sto malgré moi da un pezzo, ascolto, osservo. E me la rido.

Un’ora e più di parole per guidar l’ascolto di otto-secondi-otto di musica, coi relatori affannati a preparare più che possono la cuccia a questo happening. Segue un’ora di aperitivo a buffet. Dicono che la pausa serva alla concentrazione degli artisti, chiamati a dare tutto e subito, il che vale pure per l’aperitivo: pizzette e salatini azzerati in pochi secondi (meno di otto), forse in ulteriore tributo alla sintesi.

Poi, tutti in sala. Sul fondale si proietta un cronometro a cifre verdi in campo nero, indice della precisione temporale della performance.
Buio.
Smartphone schierati (è permesso usarli).
Entra l’orchestra. Applausi. Si accorda.
Entra il direttore, in frac. Altri applausi. Saluti al primo violino.
Si officia il rito dell’opera, s’avverte una giusta tensione mista a curiosità.
Ecco il soprano, abito settecentesco rosa cipria e verde chiaro. Ancora applausi. Saluta, consente un baciamano, si posiziona a sinistra.

L’orchestra attacca, il cronometro pure: un crescendo innalza acuto la linea melodica vocale, a pronunciare «Taaaaaaaci!».
Sguardo distolto, mano allungata, schermando il volto con l’altra, à la Eleonora Duse.
Silenzio.
Cronometro fermo: 8 secondi e spiccioli.
Il soprano sospende il gesto. Il direttore non abbassa le braccia.
La bambina, ridacchiando, sibila: «Pfff…».
Io, che sono Arlecchino, osservo.
Un divertissment per addetti ai lavori. I telefonini resistono, come il silenzio.
Poi, qualcuno batte le mani, per non saper che altro fare.
Altri lo imitano: ecco l’applauso.
I cellulari si arrendono, qualcuno chiede «Bis!»
Io lo vorrei, ma non ce lo danno. Perché?
In Ungheria, pare (ma non siamo sicuri) siano state concesse ben sedici variazioni, inclusa quella Tai Chi (foto a lato).

Guadagno l’uscita e, ghignando, mi dico che la recensione d’una consimile opera, forse, avrebbe a esser breve: «La musica realizza nella durata il suo significante, il suo significato e la sua ragione d’esistere. In un’opera che durata non ha, la ragione d’esistere dove sta?»

In ogni caso, favorisco pure il video.

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... una fiaba sarebbe... "I vestiti dell'imperatore"

Locandina dello spettacolo



Titolo: Taci

minimodramma per voce e orchestra di Girolamo Deraco

di Girolamo Deraco
direttore Diego Sanchez Haase 
soprano Maria Elena Romanazzi 
Orchestra Sinfonica Città di Grosseto


l'Arlecchino
È un semplicione balordo, un servitore furfante, sempre allegro. Ma guarda che cosa si nasconde dietro la maschera! Un mago potente, un incantatore, uno stregone. Di più: egli è il rappresentante delle forze infernali.