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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    OtellO, Shakespeare-Kinkaleri (2020)

    Titolo: OtellO

    liberamente tratto da The Tragedy of Othello, the Moor of Venice di William Shakespeare
    progetto e realizzazione Kinkaleri – Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco
    cast in via di definizione

    produzione Klm/Kinkaleri, Teatro Metastasio di Prato

    Otello si presenta come un luogo per dare alle parole il potere di essere e diventare OtellO. La necessità di porre un testo sotto un segno chiaro da esplorare, una parola che contenga simultaneamente Corpo e Suono per raccontare sé stessa e ciò a cui allude. La vicenda della gelosia assassina del guerriero Otello, educato a una sola etica e verità, si incontra e sovrappone con le parole di Iago, che del linguaggio fa un uso soggettivo e non ideologico. Una tragedia nutrita di racconti, supposizioni e immaginazioni; un dispositivo verbale che colloca i propri elementi al posto giusto, per far sì che ogni cosa precipiti. Scegliere Otello come opera attraversata da tutti i linguaggi espressivi è occasione di riflessione sulla forma del narrare che sviluppa tutte le ambiguità del linguaggio. La fascinazione nel tentare di ricostruire questo processo di opposizione tra parola/immagine e parola/pensiero come scontro diretto di mondi sotto varie forme e lingue, è una metafora continua del procedere nel racconto drammatico moderno che tenta di evocare la condizione umana. Dedicarsi alla rappresentazione di un evento che nel suo svolgersi applica opposizioni tra condizioni: filosofia/poesia, antico/moderno, relativo/assoluto, raziocinio/sentimento, il tutto contenuto nello sviluppo della parola e, per noi, direttamente nella ricerca di un linguaggio che pretende di essere straniero come è Otello. Scegliere Otello significa dunque occuparsi del potere del linguaggio, opporlo a sé stesso nelle sue varianti filosofiche e poetiche, creare mondi e goderne le conseguenze, qualunque esse siano. Una riscrittura di questa opera è provare la tensione che esiste tra le parole e le epoche che le pronunciano come verità, vuol dire mettere in tensione il linguaggio, con le sue forme fisiche e verbali, per riuscire a far dire che niente muore, che il tempo ha più direzioni e che alla fine di questa storia (dell’arte?) ci saranno ancora occasioni per esercitare la volontà di mettere in discussione il potere della parola e la sua rappresentazione della realtà. Otello pone il linguaggio e i suoi poteri al centro della riflessione tragica. Da questo assunto si cerca di stabilire le occasioni di una analisi sulla capacità dell’arte di essere ancora espressione dei tempi, esaltandone la specificità e la potenza poetica in un ambiente rappresentativo come quello contemporaneo, nel suo massimo momento di disordine, libertà e accesso. Nel suo momento di passaggio più conclamato e ambiguo che abbiamo la (s)fortuna di vivere. Nelle sue chiusure, rifugio nella tradizione e nelle inevitabili fughe verso un futuro presente. Nelle sue contraddizioni tra il globale e locale. Nella opposizione a una difesa delle identità e la volontà di spogliarsene per pura vita. Nell’esaltazione del soggetto e nella necessità di trovare paradigmi di decifrazione collettiva condivisa. Nel suo essere e poter essere ancora più vibrante. Nella sua volontà di erigere muri o non avere stati. Tutto questo e altro ancora prima che l’umano cessi di essere solo umano.

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