Tra mito e realtà, la cerimonia

Sguardazzo/recensione di "La cerimonia"

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Cosa: La cerimonia
Chi: Oscar De Summa
Dove: Buti (PI), Teatro Francesco di Bartolo
Quando: 15/03/2018
Per quanto: 90 minuti

Si entra in punta di piedi, dentro La cerimonia di Oscar De Summa, e se ne esce stremati, confusi. Si consuma un dramma familiare o questa è soltanto la quotidianità delle relazioni in famiglia? Una adolescente si trova immersa nel proprio vuoto e lo dà in pasto a una serie di adulti troppo impegnati a risolvere sé stessi per occuparsi di una vita alla ricerca di senso.
A noi esterni sembra una delle tante, senza particolarità: potrebbe non avere problemi, ha, dalla sua, la bellezza dell’età che in un immaginario di adulti non risolti provano a rappresentarla attraverso la ricerca del sogno e del desiderio originario, mentre lei si fissa sul possesso di un telefono nuovo.

Ognuno racconta sé stesso, cerca nuove esperienze, offre quello che ha a una ragazzina spaventata, annoiata, delusa, che resta vittima di un disturbo alimentare: è anoressica? È bulimica? È incastrata in un tardivo e lacerante complesso edipico?
Il cibo, altro protagonista, entra nel dramma: prova, senza riuscirci, a fissare le norme di una cerimonia. È cibo ricercato, preparato, abbondante, sognato; cibo che unisce e che, forse, è avvelenato. Ma no, non di questo si tratta.

Le parole, il testo incessante di cui i protagonisti sono portatori, le frasi che ci rincorrono proiettate sulla quinta grigia, un ambiente spoglio sapientemente illuminato, con una scelta musicale appropriata, invadente, talvolta didascalica.

A tratti, la scena diventa uno schermo cinematografico e lì si consuma la crisi del padre, dell’autorità, si rimanda alla figura del Padre divino per autoassolversi: non ha forse chiesto ad Abramo di uccidere il figlio? Meglio giocarsela con il giovanilismo, con la ricerca di nuovi piaceri e, data l’incompatibilità di vita con la propria moglie, rimanere affascinato dal proprio sesso, perché no?

Alla figura materna viene lasciato il ruolo dell’autorità, il ruolo delle regole e della disperazione: non è forse Maria che prendiamo a modello, madre delle madri, colei che per prima non è riuscita a salvare il figlio. Non può riuscirci una donna adulta che rimpiange il tempo in cui le regole erano nette e si doveva solo seguirle, che non comprende sua figlia, oggi, perché è lei stessa a essere rimasta ai propri desideri bambini, ai piaceri infantili. Una donna stanca che posa lo sguardo su ciò che accade, ma non riesce a vedere, a distinguere.

Molto bravi gli attori: intensi, entrano ed escono dalla scena tentando di uscire da sé stessi, alla presa con un testo martellante, a tratti simbolico, che si muove su diversi registri linguistici, dal quotidiano al poetico, che richiede cambi d’umore improvvisi, diverse modalità di approccio, anche quando disegna un creativo zio che si mostra libero dai legami, capace ancora di disegnare progetti di riscatto e di raccontarle favole zen.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un cielo sarebbe... molto nuvoloso

Locandina dello spettacolo



Titolo: La cerimonia

di Oscar De Summa
regia Oscar De Summa
con Oscar De Summa, Vanessa Korn, Marco Manfredi, Marina Occhionero
scene e costumi Lorenzo Banci
luci Roberto Innocenti
produzione Teatro Metastasio di Prato


Intercetto la mia anima Schierandomi esattamente al centro Della mia età Cos’è che ci muove, che ci fa scegliere, che ci fa andare verso qualcosa o qualcuno, nonostante noi? Qual è quella cosa irrinunciabile della quale non possiamo fare a meno, al di là di tutto? Quella cosa che sottende alle nostre scelte? Quelle scelte che ci impongono un dire come: non potevo fare diversamente? Edi è una ragazza normale, con una vita normale. Non fa niente di veramente sbagliato ma neanche niente che la identifichi con un primato. Non si distingue in nessuna graduatoria, sia essa declinata al bene o pericolosamente al male. Ha una vita sociale sufficiente, un buon rendimento a scuola, nessuna brutta compagnia la induce a nessuna pericolosa esperienza. Galleggia dolcemente sulla superficie della vita. Al di là della normale confusione che può avere una ragazza ancora adolescente, non si sente attratta davvero da nessuna cosa, nessuna situazione, nessun vero desiderio. Una hikikomori che si ritira dalla vita ancora prima di averla sperimentata. La sua non è un’apatia generalizzata e generazionale che risponde al nome di capriccio, ma una vera e propria mancanza che trova la sua motivazione in un’assenza. Avere tutte le possibilità corrisponde a non averne nessuna se non vi è una regola, un limite, un proibito che definisce il contorno della scoperta e del superamento, che sprigiona l’adrenalina proprio in questo superamento, che ci rivela nella ricerca, proprio perché ci obbliga ad andare oltre il conosciuto, e mettendoci in gioco ci rivela a noi stessi. Analizzando il mito di Edipo ci accorgiamo che il padre, il nome del padre, inteso come funzione, che deve e vuole creare la mancanza, la ferita, ha il compito preciso di impedire il soddisfacimento dell’incontro del figlio con la madre; ha il compito preciso di interrompere il rapporto simbiotico tra i due. Proprio quel padre che tanto abbiamo odiato, noi che ora dovremmo essere i padri, proprio quel padre è ora l’assente inaccettabile. Diventando non più la legge ma l’amico del figlio, il suo antagonista nel quotidiano. Ha negato al figlio la sacrosanta ribellione generatrice dell’identità. Così tutto resta uguale a tutto e allora non c’è più motivo di scegliere, non c’è più desiderio, non c’è più quella passione che sa sempre portarci oltre noi stessi nel paradosso fondante della perdita che stabilisce l’identità. E qui il mercato capitalista ha avuto la sua intuizione più diabolica sostituendosi alla legge e inasprendo un desiderio piccolo di oggetti che per definizione non riusciranno mai a creare esperienza e crescita, rischio e soddisfazione. Nessun telefono nuovo, per quanto sofisticato, potrà prendere il posto dello sguardo del padre. Oscar De Summa

Enza Colatutto
Romana insegnante burattinaia spavalda. Vive tra i monti pisani, si ciba di nuvole e lontananze questa pigra che lavora moltissimo.