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Ricordi (poco) felici

Sguardazzo/recensione di "Giorni felici"

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Cosa: Giorni felici
Chi: Nicoletta Braschi e Andrea Renzi
Dove: Lucca, Teatro del Giglio
Quando: 25/03/2017
Per quanto: 120 minuti

Un sipario rosso, un leggero brusio e un teatro mezzo vuoto. Poi il suono di una campanella ed ecco la solare e gioiosa Winnie, come sempre indaffarata a rovistare nella sua borsetta nera, dalla quale non si separa mai. Tira fuori una scatola, un dubbio la tormenta: “cosa c’è scritto sull’etichetta?”. Arriva, allora, Willie, suo amatissimo marito, che, ignorando le richieste di aiuto, inizia con noncuranza a leggere il giornale. Tutto potrebbe far pensare a un comune dialogo mattutino fra marito e moglie di mezz’età, segnato da incomprensioni e gesti di routine, e lo sarebbe anche, se non fosse per il fatto che lui rantola, mentre lei è intrappolata in una roccia.

Così si presenta “Giorni felici”, lo spettacolo di Samuel Beckett andato in scena in occasione del “Lucca teatro festival: che cosa sono le nuvole?”, interpretato dai due attori d’eccezione Nicoletta Braschi, nei panni della felicissima Winnie, e Andrea Renzi, nel ruolo dell’indolente Willie, nonché regista dell’opera. La rappresentazione, incentrata sull’improbabile condizione dei due, si snoda attorno agli interminabili discorsi di Winnie, che, fra il suono di una campanella e un altro, cerca instancabilmente di ricevere le attenzioni del marito, aspettando l’arrivo del tanto atteso giorno felice.

I protagonisti rappresentano, quindi, lo stereotipo della coppia matura che ha ormai irrimediabilmente perso la vitalità e la passione di un tempo: per quanto lei parli, infatti, lui non si dimostra interessato, per quanto lei ci provi, lui non le presta attenzioni. A Winnie non resta che affidarsi alle parole, sua ultima consolazione e compagnia, che pronuncia incessantemente, senza un apparente filo logico.

Lo spettacolo, però, forse a causa del difficile tema trattato, forse a causa della poca pertinenza all’interno di un festival teatrale per ragazzi o del pomeriggio che lo ha preceduto (segnato dalla discutibile conferenza tenuta dalla stessa Nicoletta, che non ha di certo ravvivato gli animi), risulta incredibilmente triste e poco interessante: il difficile testo dell’opera, infatti, a cui gli attori si attengono fedelmente, accompagnato dalla staticità dei personaggi che a malapena si muovono (o non si muovono affatto) sul palco, impedisce il crearsi di quel particolare legame spettacolo-pubblico, fondamentale per la riuscita della rappresentazione. Gli spettatori non coinvolti, infatti, perdono presto interesse, passando velocemente dal seguire lo spettacolo al chiedersi “perché Nicoletta porta sempre gli occhiali da sole?”. Inoltre, la stessa scenografia, ridotta all’essenziale e priva di qualsiasi ornamento, non fa che rendere l’atmosfera più tetra e l’opera poco invitante. Nemmeno l’ottima recitazione dei protagonisti, che si dimostrano pienamente all’altezza del ruolo interpretato, riesce, nel corso dello spettacolo, a eliminare la “cappa di tristezza” calata ormai irrimediabilmente sull’opera.

Significativa, tuttavia, la sorprendente affinità creatasi fra il pubblico e i personaggi: all’incessante perdere delle speranze in una vita migliore della protagonista, infatti, si contrappone la perdita di speranze del pubblico in un evento che ravvivi lo spettacolo, o che, quanto meno, lo renda più interessante. La massima empatia arriva, tuttavia, alla fine del primo atto: dopo sessanta minuti, infatti, un po’ tutti ci sentivamo come Winnie, intrappolati alla sedia come oppressi da una roccia, desiderosi ma impossibilitati ad alzarci. Durante il secondo atto, poi, nulla era più forte dell’affinità con Willie: stremati, distrutti, ci avvicinavamo alla fine dello spettacolo strisciando, ansimando, sperando di raggiungere quella pistola che avrebbe messo fine alla rappresentazione, che, però, sembrava sempre più lontana.

In conclusione, quindi, un po’ per la triste atmosfera, un po’ per l’eccessivo rilievo datogli (locandine ovunque, la conferenza organizzata su misura e così via), lo spettacolo non si dimostra all’altezza delle aspettative, forse troppo alte.

Stella Marraccini

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... un personaggio sarebbe... Mercoledì Addams

Locandina dello spettacolo



Titolo: Giorni felici

di Samuel Beckett
regia Andrea Renzi
con Nicoletta Braschi
produzione Melampo e Fondazione Teatro Stabile di Torino
traduzione di Carlo Fruttero


Un’intensa prova per Nicoletta Braschi in scena nel ruolo di Winnie, sepolta fino alla vita in un cumulo di sabbia, con Willie, il marito. E mentre la sabbia ricopre inesorabilmente entrambi, Winnie chiacchiera senza sosta, in un’alternanza insensata di momenti che sono il cuore della straordinaria esplorazione beckettiana della vita ai margini della follia. Giorni felici è un dramma in due atti e rappresenta uno dei momenti più alti dell'evoluzione del teatro beckettiano. Beckett prende il normale "dramma di conversazione" per svuotarlo da tutte le sue componenti significative, fino a renderlo pallido specchio della misera condizione umana.