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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    À mon seul désir, G. Bourges (2016)

    Titolo: À mon seul désir
    Regia: Gaëlle Bourges

    ideazione e narrazione / conception and narration Gaëlle Bourges
    danza / dance Carla Bottiglieri, Gaëlle Bourges, Agnès Butet and Alice Roland
    con / with Gaëlle Bourges, Agnès Butet, Marianne Chargois and Alice Roland
    e l’apparizione di 34 volontari nel bestiario finale / and the appearance of 34 volonteers in the final bestiary
    musica / music XTRONIK e/and Erwan Keravec
    disegno luci / lighting design Abigail Fowler e/and Ludovic Rivière
    costumi / costume design Cédrick Debeuf, assistito da / assisted by Louise Duroure
    maschere / masks Krista Argale
    alterazioni alle maschere del coniglio / alterations to the rabbit masks Corinne Blis
    master sound, direttore di palco / sound master, stage manager Stéphane Monteiro
    amministratore, produttore, manager / administrator, producer, manager Raphaël Saubole
    produttori associate / associate producer Os
    coproduzione / co-production Accueils-studio program: Ballet du Nord/ CCN de Roubaix Nord-Pas de Calais diretto da/ directed by Olivier Dubois; CCN de Tours/directed by Thomas Lebrun; Festival Rayons Frais/Tours; Ménagerie de Verre
    con il support di / with the support of French Ministry of culture and communication/DRAC Île-de-France within the context of an “aide au projet” grant; ADAMI, performing artists society; Vivat, scène conventionnée d’Armentières within the context of its residencies policy

    Essere una “vergine” nella cultura europea (e non solo) è una caratteristica esclusivamente femminile, risalente dalla Vergine Maria; o meglio: la verginità delle donne è sempre stata maggiormente considerata rispetto a quella degli uomini. È evidente che nei secoli l’immaginario ha sempre condizionato la nostra immaginazione con la deflorazione delle donne o, al contrario, con l’assenza di deflorazione (l’infinita catena di Maria).
    E dal momento che le nostre rappresentazioni sono state a lungo intrecciate con ciò, abbiamo deciso di allentare l’ordito e la trama di una famosa serie di arazzi, conosciuta come La dama e l’unicorno, realizzata alla fine del quindicesimo secolo e ora esibita nel museo del Medioevo a Parigi. Attraverso i suoi sei singoli pannelli, l’arazzo mostra una giovane donna riccamente abbigliata, indaffarata in varie azioni, e un tranquillo e vigile unicorno accanto a lei. Però l’unicorno è un simbolo di castità e non può restare pacifico senza che la giovane donna cui sta dietro sia casta, infatti. Il corno dell’unicorno è anche “una sorta di chiaro complesso fallico”, come Salvador Dalì ironicamente diceva, un ovvio segno erotico. Dunque qual è l’oggetto del desiderio qui? La verginità o la vergine? Entrambi? E poi, la coppia giovane donna /unicorno rappresenta la castità o piuttosto un’allegoria del desiderio carnale, tanto più incontenibile quanto lo (storico) desiderio di aprire una terra vergine?

    SGUARDAZZI/RECENSIONI