ARCHIVIO SPETTACOLI

    Antigone. Una storia africana, M. Luconi (2014)

    Titolo: Antigone. Una storia africana
    Regia: Massimo Luconi

    liberamente tratto dall’opera di Jean Anouilh
    regia e scena Massimo Luconi
    costumi Khadidiatou Sow
    luci Roberto Innocenti
    con Aminata Badji, Ibrahima Diouf, Papa Abdou Gueye, Gnagna Ndiyae, Mouhamed Sow, Galaye Thiam e Moussa Badji, Ndiawar Diagne, Marie Madeleine Mendy, Jean Guillaume Tekagne
    un progetto di Teatro Metastasio Stabile della Toscana
    in collaborazione con Associazione APPI, Centro culturale francese di St. Louis (Senegal), Ass.to alle pari opportunità del Comune di Prato e con la collaborazione della Comunità senegalese di Prato

    Note di regia: Antigone ribelle, Antigone eroica, Antigone figlia, ma soprattutto sorella, che si oppone alle leggi dello stato in nome dei diritti sacri della famiglia e del sangue. Dovunque vi siano discriminazioni razziali, conflitti, intolleranze religiose, dovunque una minoranza levi la sua voce a reclamare giustizia, Antigone torna ad assumere il ruolo dell’eroina che sfida i regimi totalitari in nome della pietas universale che si estende a tutti gli uomini sentiti come fratelli, superando ogni limite o divisione tribale e nazionalistica.
    Nel lavorare a una messinscena di un testo così emblematico come Antigone ho pensato a un dramma a tesi, asciutto e compatto, impostato con la linearità della parabola e del teatro didascalico, unendo alla mia esperienza di regista europeo alcune modalità del teatro tradizionale africano.
    È la struttura stessa del racconto didascalico a imporre l'uso di uno spazio che si protende verso il pubblico e il riferimento è chiaramente quello della piazza del villaggio, dove la popolazione si raccoglie ad ascoltare il griot, il cantastorie africano (cantore della tradizione orale degli antenati).
    In questa griglia narrativa, i personaggi sono prigionieri della tragedia in una specie di prigione rituale, obbligati dall’ineluttabilità della storia a ripetere i meccanismi drammaturgici, ma nello stesso tempo con l’urgenza di uscirne attraverso il rapporto con il villaggio, che è il pubblico che ascolta.
    E alla fine della storia, dopo la condanna a morte di Antigone, così come succede durante le feste o gli spettacoli di teatro popolare, dal pubblico escono i personaggi del coro per interagire con Creonte, con le loro domande irriverenti e taglienti come un’accusa.
    Il griot, che racconta, prega e spiega al pubblico, è il vero sacerdote della cerimonia nel quale tutti si identificano e a cui nessuno si sottrae.
    Come dei naufraghi rinchiusi nella loro storia, Antigone, Creonte e gli altri personaggi sono costretti a inscenare il proprio psicodramma con quel tipico processo di immersione in altre identità che caratterizza il teatro terapeutico.
    Alla struttura linguistica della versione di Anouilh in lingua originale francese, studiata in Senegal nei licei, abbiamo aggiunto alcuni spezzoni di testo anche in wolof, la lingua parlata da tutti, mischiando il francese colto alla comunicazione diretta e popolare, rispecchiando così quello che è uno degli aspetti più interessanti del Senegal di oggi, l’osmosi alchemica fra tradizione popolare e cultura europea.

    Massimo Luconi

    Una rilettura di una delle tragedie greche più conosciute, attualizzata alla situazione sociale non solo della nostra città, ma di molte parti del mondo.
    Si tratta di uno spettacolo all’insegna del dialogo culturale, tra folklore africano e teatro occidentale, in cui gli attori, giovani senegalesi, recitano, danzano e cantano in francese e wolof, con sopratitoli in italiano. Le tragiche vicende della figlia di Edipo, rilette in chiave contemporanea, rivendicano i diritti di chi non ha voce in nome delle leggi del “cuore”.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI