ARCHIVIO SPETTACOLI

    Bolero effect, C. Rizzo (2015)

    Titolo: Bolero effect

    concept e coreografia: Cristina Rizzo
    performance: Annamaria Ajmone, Cristina Rizzo, Simone Bertuzzi
    elaborazione sonora e Djing: Simone Bertuzzi aka PALM WINE
    disegno luci e direzione tecnica: Giulia Pastore
    cura e distribuzione: Chiara Trezzani
    produzione: CAB 008 con il sostegno di Regione Toscana e MiBACT
    coproduzione: Biennale di Venezia Danza in collaborazione con Terni Festival

    BoleroEffect è un tracciato, un percorso che si sviluppa come un oggetto coreografico attorno all’assunto esplicito che il Bolero di Ravel è la partitura orchestrale più popolare esistente al mondo, una musica che tutti conoscono e riconoscono. Dato questo punto di partenza sarà possibile verificare una condizione del corpo in ‘apertura massima’, forzare la traiettoria sinuosamente accattivante di una massa eccitata.
    Ma che cosa è effettivamente un Bolero? È come un’isola deserta. Un luogo dove ri-cominciare, lontano dai continenti, un tracciato sonoro dentro cui trovare delle brecce, dove praticare delle turbolenze corporee e un’erotica del corpo tesa a rompere il quadro della compostezza spingendosi verso altre dimensioni, un luogo dalle molte risonanze esistenziali.
    Scritto nel 1928, quando Ravel aveva 53 anni e soffriva dei primi sintomi del FTD (frontotemporal dementia), in un certo qual modo, il Bolero è un ‘esercizio da comportamento compulsivo’. L’intero pezzo è costruito su una singola melodia, divisa in due frasi, che si ripete nove volte.
    Il Bolero raveliano ci trascina, senza particolari allusioni, senza nostalgia, in uno stato di esaltazione inibita, in un felice coinvolgimento collettivo.
    L’ambiente sonoro, in cui si inscrive la partitura coreografica, è costruito su flussi decrescenti e dilatazioni come in una sorta di dance hall post-globale. Il tentativo è quello di attivare un luogo di co-abitazione, un luogo utopico della scena dove figura e sfondo perdono i propri limiti.

    Spostare il paradigma dal dominio alla disposizione. Un corpo che si prepara ad una trasformazione deve attivare un lume interno, qualcosa di simile ad un fuoco luminoso. Procedere per rapide dissolvenze, fosforescenze e pulviscoli. Ma è mai possibile la definitiva rinuncia a tutte le proprie abitudini mentali?

    SGUARDAZZI/RECENSIONI