ARCHIVIO SPETTACOLI

    Cantare all’amore, La ballata dei Lenna (2014)

    Titolo: Cantare all'amore

    di e con Nicola Di Chio, Paola Di Mitri, Miriam Fieno
    supervisione al testo Michele Santeramo
    produzione La Ballata dei Lenna
    Con il sostegno di Fondazione Campania dei Festival – E45 Napoli Fringe Festival, Presidenza Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù – Regione Piemonte – Provincia di Alessandria – Regione Puglia
    In collaborazione con – Teatro Minimo – Teatro Bottega degli Apocrifi

     

    Note di regia: Cantare all’amore è stupido.

    Cosa c’è di più stupido di un innamorato? Esso è così stupido che nessuno osa più parlarne e il canto d’amore ne risulta addomesticato, mediocre, banalizzato.

    Cantare all’amore è osceno.

    Viviamo in un rovesciamento storico: ciò che è indecente non è più la sessualità, ma la sentimentalità perché censurata in nome di ciò che, in fondo, non è che un’ennesima morale.

    Cantare all'amore è solitario.

    Il suo canto è di un' estrema solitudine. Forse è ascoltato da milioni d’individui ma non è sostenuto da nessuno, si trova ad essere completamente abbandonato dai discorsi, ad essere tagliato fuori non solo dal potere, ma anche dai suoi meccanismi.

    Cantare all’amore è la storia di una ricerca.

    Volevamo lavorare sull’amore, poi ci siamo ritrovati a cercarlo, e a chiederci se il nostro tempo fosse ancora in grado di calzarlo questo sentimento che sembra non appartenerci più.

    Viviamo in un tempo vittima della precarietà, del ribaltamento delle priorità, della pubblicità di falsi modelli, che ci richiede quotidianamente di trovare delle soluzioni immediate.

    Il tempo utile è valutato solo attraverso l’impegno lavorativo, e tutto il tempo che ne rimane è un tempo perso che bisogna sopprimere.

    Così come sappiamo fare a meno del tempo del pensiero, del tempo del desiderio, del tempo della tranquillità, forse ormai, sappiamo fare a meno anche del tempo dell’amore.

    Allora abbiamo creduto necessario, prima di tutto, chiedersi se parlare del sentimento più discusso di tutti i tempi potesse essere un modo per frantumare le abitudini, per scorticare l'indifferenza, per mettersi nella condizione di abbattere la superficialità e iniziare a vedere le cose di lato.

    Ecco che ci è sembrato doveroso, in questa nostra ricerca, ristabilire un contatto, mischiarci tra la gente e ascoltarne tristezze e umori buoni per provare a raccontarlo davvero l’amore, questo sentimento umano che non fa più storia, ma che è alla base di tutte le storie, per capirne i cambiamenti, gli assestamenti e le trasformazioni.

    Un quadrato di luce è la casa dove si intrecciano tre vite, quella di un sarto e di due sorelle: il brutto, la brutta e la bella. Tre vite prive di importanza che provano a capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, anche se ormai giusto e sbagliato non aiutano a salvarsi. La brutta, vive una vita scevra d’aspirazioni contando davanti a se i giorni tutti uguali e accettando senza proteste gli umori di una sorella, prossima al matrimonio, assorbita interamente dalle speranze di una vita diversa. Il sarto, chiamato per riparare un abito da sposa ormai inadatto ad essere indossato, è l’inciampo della storia.

    I tre personaggi si trovano presto a fare i conti con le proprie pulsioni, a sbrigliare e tenere a bada i propri desideri, a riscoprirsi teneri e violenti insieme, ma sempre e comunque, troppo inadeguati all’amore.
    Non c’è tempo da perdere in carezze, non c’è più tempo. L’amore è una favola per ricchi e per santi. E noi non siamo né ricchi e né santi.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI