ARCHIVIO SPETTACOLI

    Democracy in America, Castellucci (2017)

    Titolo: Democracy in America

    liberamente ispirato all’opera di Alexis de Tocqueville 
    regia, scene, luci, costumi di Romeo Castellucci
    testi di Claudia Castellucci e Romeo Castellucci
    musica Scott Gibbons
    con Olivia Corsini, Giulia PerelliGloria Dorliguzzo, Evelin FacchiniStefania Tansini, Sophia Danae Vorvila
    e con Irene Bini, Sara Bolici, Mariagiulia Da RivaLaura Ghelli, Virginia Gradi, Giuditta MacalusoSara Manzan, Sara Nesti, Cristina PoliElisa Romagnani, Irene Saccenti, Fabiola Zecovin
    coreografie liberamente ispirate alle tradizioni folkloriche di Albania, Grecia, Botswana, Inghilterra, Ungheria, Sardegna
    con interventi coreografici di Evelin Facchini, Gloria Dorliguzzo, Stefania Tansini, Sophia Danae Vorvila 
    assistente alla regia Maria Vittoria Bellingeri
    maître répétiteur Evelin Facchini
    sculture di scena, prosthesis e automazioni Istvan Zimmermann e Giovanna Amoroso
    realizzazione costumi Grazia Bagnaresi
    calzature Collectif d’Anvers 
    direzione di scena Pierantonio Bragagnolo
    tecnici di palco Andrei Benchea, Giuliana Rienzi
    datore luci Giacomo Gorini
    tecnico del suono Paolo Cillerai
    costumista Elisabetta Rizzo
    fotografo di scena Guido Mencari 

    produzione esecutiva Socìetas
    in coproduzione con deSingel International Artcampus; Wiener Festwochen; Festival Printemps des Comédiens à Montpellier; National Taichung Theatre in Taichung, Taiwan; Holland Festival Amsterdam; Schaubühne-Berlin; MC93 Maison de la Culture de Seine-Saint-Denis à Bobigny con Festival d’Automne à Paris; Le Manège – Scène nationale de Maubeuge; Teatro Arriaga Antzokia de Bilbao; São Luiz Teatro Municipal, Lisbon; Peak Performances Montclair State University (NJ-USA)
    con la partecipazione di Théâtre de Vidy-Lausanne e Athens and Epidaurus Festival

    L’attività di Societas è sostenuta da Ministero dei beni e attività culturali, Regione Emilia-Romagna e Comune di Cesena

    Quando il giovane aristocratico francese Alexis de Tocqueville rientra da un lungo viaggio di studio negli Stati Uniti d’America nel 1832, compone un saggio in due tomi sul neonato sistema politico americano. In un’opera che diverrà uno dei testi fondamentali per la cultura politica dell’Occidente contemporaneo, Tocqueville descrive il nuovo modello di democrazia rappresentativa rintracciandone l’origine negli usi, nei costumi, nelle idee, nella coscienza collettiva delle colonie della vecchia Europa, ormai affrancate verso un futuro di rifondazione e libertà. La democrazia americana – la prima che per vastità e radicalità veniva edificata in epoca moderna – si era potuta costituire grazie a quel fenomeno che Tocqueville individuava come Puritan Foundation – l’apporto, cioè, delle comunità puritane nel gettare le basi di una fattiva uguaglianza di stampo biblico tra gli esseri umani. Il vero argomento di Tocqueville, però, non era l’America, bensì la democrazia stessa, scandagliata minuziosamente con acribia anatomica, la rinascita in terra vergine di un modello politico logorato dai secoli nella vecchia Europa. De Tocqueville osserva il potenziale di una democrazia giovane, pur rilevandone i pericoli e i limiti, come la tirannia della maggioranza, l’indebolimento della libertà intellettuale di fronte a una retorica populista, e l’ambigua relazione fra l’interesse collettivo e le ambizioni dell’individuo. Nello stesso tempo, il Potere nel Nuovo Mondo rimetteva in questione la propria rappresentazione. Nella Grecia classica, la Tragedia rappresentava il doppio necessario e l’ombra della Democrazia ateniese: con Democracy in America Romeo Castellucci segue l’esempio di De Tocqueville e si pone nel tempo che precede la Politica, e, recisa in profondità la radice greca, in ciò che viene prima della Nascita del Teatro, in quell’attimo d’indeterminazione in cui i piedi nudi calpestano ancora le ceneri tiepide della Festa ormai abbandonata dagli Dei, ma non vedono ancora l’inizio della Tragedia, creata dall’Uomo. Un’opera che rintraccia una celebrazione dimenticata, un rito ancora senza nome, in cui il Teatro rinnovi la sua funzione primaria: l’essere il necessario e oscuro doppio dell’agone politico e delle forme delle società della razza umana.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI