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La resa dei conti, P. Mazzotta (2018)
Titolo: La resa dei conti
Con La resa dei conti, un testo di Michele Santeramo diretto da Peppino Mazzotta e interpretato da Daniele Russo e Andrea Di Casa, l’autore cerca di dare risposta a una serie di interrogativi senza tempo: come si relaziona l’uomo con se stesso e con gli altri? Cos’è la fiducia e, in definitiva, chi è l’uomo? In scena i protagonisti si confrontano sulla loro condizione di essere umano cercando di trovare un modo per affrontarla.
Peppino Mazzotta dirige Daniele Russo e Andrea Di Casa ne La resa dei conti, un testo originale di Michele Santeramo. La pièce parte da un interrogativo senza tempo: di che pasta sono fatti gli uomini? Possono avere fiducia gli uni negli altri? “La domanda – osserva Peppino Mazzotta – è sempre attuale. Ognuno se la pone quotidianamente a proposito delle persone che incontra e prima ancora, a proposito di sé stesso. Di fronte alla scelta tra il bene e il male come ci comportiamo? Perché all’uomo capita di scegliere il male? Anche il proprio male?”. Si portano in scena questi interrogativi attraverso un lungo dialogo tra due uomini che si confrontano sulla propria condizione cercando di trovare un modo per affrontarla. “In un luogo preparato ad arte – conclude il regista – come si potrebbe fare a teatro, cercano una possibilità altra, un’occasione di salvezza. Tentano di inventare una fede a proprio uso e consumo, che renda possibile credere che l’uomo può guarire l’uomo”.
“Chi è l’uomo? Se ne può avere fiducia? La domanda è sempre attuale. Ognuno se la pone quotidianamente a proposito delle persone che incontra e prima ancora, a proposito di se stesso. Di fronte alla scelta tra il bene e il male come ci comportiamo? Perché all’uomo capita di scegliere il male? Anche il proprio male? Perfino quando vorrebbe scegliere il bene? Cosa comporta la libertà di scelta? Che condanna sarebbe se ci rendessimo conto che siamo liberi senza esserne capaci? E se Gesù, decidesse oggi, di tornare sulla terra, come quella volta a Siviglia ai tempi della Santa Inquisizione, verrebbe come allora, arrestato e condannato al rogo per aver concesso alle proprie creature una libertà che non potevano gestire? O verrebbe accolto amorevolmente come il salvatore? A e B, nel dramma di Michele Santeramo, affrontano tutte queste gravose domande provando disperatamente a dare delle risposte o più semplicemente, cercando, con commovente candore, di inventare un rimedio che li aiuti a sopportare la loro condizione. In un luogo preparato ad arte, come si potrebbe fare a teatro, cercano una possibilità altra, un’occasione di salvezza. Tentano di inventare una fede a proprio uso e consumo, che renda possibile credere che l’uomo può guarire l’uomo.”
Peppino Mazzotta