ARCHIVIO SPETTACOLI
Manon Lescaut, A. Veronesi-L. Pugliese (2017)
Titolo: Manon Lescaut
dramma lirico in quattro atti
libretto anonimo (coautori: G. Giacosa, L. Illica, R. Leoncavallo, Oliva, Praga, G. Puccini, G. Ricordi)
dal romanzo Histoire du Chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut
di Françoise-Antoine Prévost
edizione Casa Ricordi, Milano
Manon Lescaut Rachele Stanisci / Donata D’Annunzio Lombardi
Il cavaliere Renato Des Grieux, studente Ricardo Tamura / Danilo Formaggia
Lescaut, sergente delle guardie del re Sergio Bologna / Leon Kim
Geronte di Ravoir, tesoriere generale Carmine Monaco d’Ambrosìa
Edmondo, studente Giuseppe Raimondo
L’oste – Un Comandante di Marina Alessandro Ceccarini
Il Maestro di ballo – Un lampionaio Didier Pieri
Un musico Lorena Zaccaria
Un sergente degli arcieri Alessandro Martinello
Un parrucchiere Fabio Vannozzi
direttore Alberto Veronesi
regia, scene, costumi Lev Pugliese
disegnati e realizzati da Carolina Micieli
coro Ars Lyrica
maestro del Coro Marco Bargagna
Orchestra della Toscana
nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno
coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro di Pisa e Teatro Sociale di Rovigo
Manon Lescaut fu l’opera che segnò il primo grande successo di Giacomo Puccini e che godette fin dalla prémière (Teatro Regio di Torino, 1 febbraio 1893) un favore di pubblico mai venuto meno.
La tragica e struggente storia d’amore tra Manon ed il Cavaliere Renato Des Grieux è il titolo in cui il genio melodico di Puccini si rivelò per la prima volta in tutta la sua evidenza e nacque attraverso un complesso lavoro di un folto gruppo di collaboratori (i librettisti Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, il commediografo scapigliato Marco Praga, il musicista Ruggero Leoncavallo, Domenico Oliva, l’editore Giulio Ricordi) che il giovane compositore stesso guidò con mano sicura fino alla stesura del libretto (poi rimasto anonimo), fondendo in uno stile già personale e inconfondibile le più diverse componenti stilistiche e drammaturgiche: dalle suggestioni dell’opera francese di fine Ottocento alla lezione verdiana, dalle atmosfere torbide della scapigliatura alla “melodia infinita” e al cromatismo esasperato del dramma musicale wagneriano. La “passione disperata” che lega i due protagonisti e che li porta fatalmente alla rovina e al tragico epilogo è stata vista dai più autorevoli studiosi pucciniani come una sorta di rivisitazione tutta italiana del Tristano e Isotta wagneriano.
Attraverso i numerosi assoli che contribuiscono a tener alta la fama dell’opera (dall’aria del tenore “Donna non vidi mai” a “In quelle trine morbide” di Manon, dominata da una palpabile sensualità), i numerosi duetti d’amore che dominano la partitura, una scrittura orchestrale sempre viva e brillante fino all’ultimo accordo, il compositore lucchese ci ha lasciato un autentico gioiello artistico che continua ad appassionare le platee di tutto il mondo.