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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    Nostalgia di Dio, L. Calamaro (2019)

    Titolo: Nostalgia di Dio

    testo e regia Lucia Calamaro
    con Cecilia Di Giuli, Simona Senzacqua, Francesco Spaziani, Alfredo Angelici
    luci Gianni Staropoli

    produzione Teatro Stabile dell’Umbria
    in coproduzione con Teatro Metastasio di Prato

    “Anche la mucca ha il suo principio di interiorità. Esige una casa, l’ambiente modesto e segreto dove l’inconscio vive.”
    G. Bachelard

     

    Nostalgia di casa.
    Questo potrebbe essere l’altro titolo di questo spettacolo, in quanto per me, la casa sono gli affetti, e gli affetti sono l’unica dimensione rimasta che mi rapporti al sacro.
    Nel bene voluto, risiede il mistero.
    E’ nel legame, nel bisogno dell’altro, la meraviglia.
    C’è lì, nella casa, un’energia invisibile ma concreta, inafferrabile e solida: io so che c’è, anche se non la vedo. Ed è una delle poche cose certe che ho.
    Ogni volta che torno a casa, io mi sento come se tornassi all’ infanzia. Ma non a una fase qualunque dell’infanzia, ma alla fase dell’onnipotenza, quella dei primissimi anni.
    A casa mia, in questo habitat benevolo, io credo di potere tutto e una parte di me, bambina, si rilassa, si libera, respira e si sparge in giro.
    Forse questo passaggio succede a tutti, quando tornano a casa. O forse no.
    Forse è una dimensione del nostos, del ritorno dell’Eroe. Chissà.
    Non so, non saprei, ma mi piace pensarlo.
    Il mondo ci limita, la casa ci accoglie e ci espande.
    Ed è in questa fioritura potente e affettuosa, che nascono i figli.
    Che sono per me l’altra domanda su cui si annoda, senza scioglierla, questo spettacolo.
    I figli da piccoli in particolare, in quanto piccoli Dei onnipotenti.
    Influenzata dalla favola che ci hanno raccontato, illustrata dalle infinite madonne con bambino, il mio immaginario cattolico infantile – che è l’unico che ho, come probabilmente molti di noi che poi da grandi hanno lasciato perdere- si è ancorato lì.
    E’ lì, prima dei 10 anni, su quelle immagini, che l’impressione indelebile mi si è formata: quella di un Dio bambino, visto dalla prospettiva della madre.
    Insomma Dio, per me, è più un figlio che un padre. Un figlio se non proprio dio quantomeno onnipotente. Questo è secondo Freud quello che tutti noi siamo per un breve periodo.
    Come non volerci tornare?
    Nostalgia di Dio quindi si muove in questo strano crocicchio tra la nostalgia di casa e la nostalgia dell’infanzia onnipotente, che mi è maturato dentro ultimamente, senza capirlo ancora del tutto.
    Tutti i bambini sono figli. Dio è un bambino. Dio è un figlio.
    Tutti i figli sono Dio? Chissà.
    Comunque sia, una cosa si sa: per le madri, i figli, non crescono mai.
    L.C.

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