ARCHIVIO SPETTACOLI

    Polli d’allevamento, Gaber-Casale (2006)

    Titolo: Polli d'allevamento

    di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
    musiche originali arrangiate da Franco Battiato e Giusto Pio
    con Giulio Casale

    produzione Fondazione Giorgio Gaber / Teatro dei Filodrammatici

    Polli d’allevamento, rappresentato nel corso della stagione teatrale 1978/1979, è stato sicuramente uno dei più importanti spettacoli scritti e interpretati da Giorgio Gaber negli anni ’70 e chiude un decennio contrassegnato da eventi teatrali memorabili iniziati con Il Signor G e proseguiti poi con Dialogo tra un impegnato e un non so, Far finta di essere sani, Anche per oggi non si vola e Libertà obbligatoria. E’ proprio nel corso di quegli anni che Giorgio Gaber si afferma come protagonista assoluto del teatro italiano e al tempo stesso come riferimento critico ed illuminante per un’intera generazione che lo ha costantemente accompagnato nel corso del decennio. Con Polli d’allevamento accade qualcosa di importante e di decisivo nel percorso critico e intellettuale dell’artista e del suo co-autore Sandro Luporini; la polemica nei confronti di una ‘razza’ alla quale si erano sentiti legati da un totale, per quanto critico, senso di appartenenza, arriva qui al suo massimo livello espressivo. E da quel ‘noi’ attraverso il quale fino ad allora si erano espressi, gli autori passano ad un irrimediabile e definitivo ‘Io’ sempre più isolato, polemico e antagonista. Infatti…

    «Quando la Fondazione Giorgio Gaber mi ha chiesto di riallestire questo spettacolo ho sentitamente ringraziato. C’è qualcosa di eccelso nella prosa, nella cifra linguistica scelta, nella musicalità (forse mai così espressiva) impreziosita dalle orchestrazioni di Franco Battiato, e c’è qualcosa di realmente dirompente a livello dei contenuti che per l’appunto lo confermano non solo attuale ma direi addirittura necessario anche ora, quasi trentanni dopo. Non è solo il passare nella narrazione dalla prima persona plurale a quella singolare a rendere Polli “moderno” (l’impossibilità di un’appartenenza compare qui, per la prima volta, e perdura, no?) quanto piuttosto la lucidità dell’analisi, echi pasoliniani: inchiodare la realtà alla miseria cui l’abbiamo costretta e insieme tendere a un gesto in tutto nuovo e soprattutto autentico, fuori dall’unico copione che sapemmo scrivere, cioè infine subire. Per me l’occasione (un’altra, non ennesima) d’un atto d’amore verso un artista la cui lezione di libertà e di rigore, vista allora, non avrei più dimenticata».
    (Giulio Casale)

    Nel ri-allestimento dell’opera si è voluta mantenere una fedeltà assoluta alla produzione originale del 1978. Le basi musicali dello spettacolo sono quelle utilizzate dallo stesso Giorgio Gaber e splendidamente arrangiate da Franco Battiato e Giusto Pio e l’impostazione delle luci di scena ricalca fedelmente il disegno originale di regia. La vera posta in gioco di questo spettacolo è dimostrare la grande attualità della sua opera, la forza straordinaria della sua scrittura e della sua musica che non risentono affatto del passare del tempo e che, proprio per questo, consacrano Giorgio Gaber tra i classici del teatro italiano.

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