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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    Prima del silenzio, F. Grossi (2015)

    Titolo: Prima del silenzio
    Regia: Fabio Grossi

    di Giuseppe Patroni Griffi
    con Leo Gullotta e con Eugenio Franceschini
    con le apparizioni di Sergio Mascherpa, Andrea Giuliano
    e con l’apparizione speciale di Paola Gassman
    regia Fabio Grossi
    produzione Teatro Eliseo
    in collaborazione con Fuxia contesti d’immagine

    Raccontare in poche righe quelle che sono le progettualità di un regista che si confronta con un testo, non è mai cosa semplice. Certo è che, appena ci si predispone alla composizione, le parole escono facilmente davanti a soggetti così preziosi. Non si può di certo negare che tra le parole di Patroni Griffi, le sensazioni, i concetti, i sentimenti, le provocazioni, sanno come esaltarsi e completarsi, e che il pensiero di trasporle è fluido e gratificante. Scritto negli anni ’70, il testo risulta ancor vivo per tematiche e concetto.
    La storia racconta le scelte, pur anche rivoluzionarie per la casta che lo ha inglobato per tutta la sua vita precedente, di un uomo, del quale non ci viene fornito il nome. Probabilmente questo poco importa alla risoluzione della vicenda; a mio discernimento l’autore, ad arte e tramite l’espediente, ha voluto rendere universale la faccenda. Quello che leggo, con gli occhi di un uomo che vive il XXI secolo, Era questa di grande modernità, dove la comunicazione, attraverso apparati di nuova costruzione, è molto più facile ed immediata, fa sì che intraveda e consideri, attraverso il protagonista, un disagio sociale legato soprattutto alla comunicazione della parola scritta, della Poesia. Fantastica la scena finale dell’opera, dove il nostro LUI, circondato da pagine di libri, afferra “la parola” che gli svolazza attorno, in una ideale caduta libera, declamandone la realtà, in essa contenuta. Ma per arrivare a questa, il travaglio assume le fattezze di un incubo, con l’apparizione dei fantasmi della sua vita: la famiglia, affrontata attraverso il personaggio della MOGLIE, come un’entità vorace e ricattatoria: la casta, rappresentata dal personaggio del FIGLIO, con i suoi orpelli e contributi piccolo borghesi; il dovere, materializzatosi attraverso il personaggio del CAMERIERE che, attraverso il senso di colpa, costringe e castra.
    L’unica vicenda che realizza e tranquillizza il protagonista è quella che vive, nel suo contemporaneo, con IL RAGAZZO. Questa, pur anche vampireggiante, è linfa pura e vivificante durante l’incubo che egli vive. Ma anch’essa terminerà, come conclude la vita di un uomo, il quale abbandonato dai suoi stimoli si richiude nella sfera della parola, come ultima spiaggia di un inevitabile tramonto che chiuderà un percorso permeato dalla Poesia con la Poesia stessa. Il Nostro spettacolo si svolge attraverso la presenza in scena del protagonista e del suo co-protagonista, mentre gli autori del percorso sensoriale del Nostro LUI, assumeranno essenza digitale: appartenendo la Nostra rappresentazione ad un’era atta al virtuale, anche l’incubo assume la forma d’un etere affollato di ricordi, passioni, depressioni e angosce. Tutti i Nostri, vestiranno l’essenzialità del ruolo: un Uomo, durante la considerazione della sua vita, abbandona orpelli, inventati per giustificare realtà distorte.
    Un racconto tecnologico per una sensazione assoluta.
    Ma la Poesia avrà sempre e comunque la sua centralità vivificante.
    Fabio Grossi

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