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    Rosalind Franklin. Il segreto della vita, Anna Ziegler-Filippo Dini (2017)

    Titolo: Rosalind Franklin. Il segreto della vita

    ROSALIND FRANKLIN. IL SEGRETO DELLA VITA

    di Anna Ziegler 
    e con Giulio Della Monica, Dario Iubatti, Alessandro Tedeschi, Paolo Zuccari 
    regia Filippo Dini 
    scene Laura Benzi 
    costumi Andrea Viotti 
    luci Pasquale Mari 
    musiche Arturo Annecchino 
    drammaturgia Nicoletta Robello Bracciforti

    produzione Teatro Eliseo

    La grande Storia (la scoperta della struttura del DNA) e il piccolo straordinario racconto degli ultimi anni di vita della scienziata Rosalind Franklin. Così spiega Filippo Dini: “Ci troviamo di fronte ad uno degli avvenimenti più sconvolgenti e controversi nella storia del pensiero e delle conoscenze scientifiche. Tutta l’umanità si inchina e si compiace in un unico trionfale applauso nei confronti dei grandi scienziati che sono riusciti a decifrare ciò che era definito ‘il segreto della vita’. La vicenda, tuttavia, fu tutt’altro che epica e nobile. I personaggi coinvolti in questa scoperta furono molti, tutti scienziati autorevoli che collaborarono in diverse fasi alla stessa ricerca, ma che furono vittime e carnefici, a seconda delle alterne fortune, delle reciproche invidie e desideri di riscatto personali. Tutti lottarono per avere un personale posto di rilievo nella Storia, ognuno con le proprie capacità e le proprie motivazioni, talvolta anche nobili, ma sempre e comunque a discapito del sesto personaggio di questa storia, dell’unica donna di questa favola; una donna meravigliosa e detestabile, una persona limpida e contradditoria, ambiziosa e vigliacca, una donna fuori dalle umane catalogazioni e impossibile da raccontare: Rosalind Franklin. Il suo merito fu quello di fotografare un campione di DNA con una tecnica delicatissima e complessa che sfruttava la diffrazione a raggi X. In particolare, la fotografia numero 51 riuscì ad immortalare in modo più nitido la X della doppia elica del DNA. Un grande dono che Rosalind fece alla scienza, all’umanità e a se stessa. L’ambiziosissimo James Watson, con la complicità del suo collega Francis Crick, sfruttò la fotografia per costruire un modellino del DNA, passando alla storia come il vero responsabile della grande scoperta, vincendo anche il Nobel, nove anni dopo, quando ormai la povera Rosalind era già prematuramente scomparsa all’età di 37 anni. Nel corso della pièce, i personaggi saltano continuamente da un presente, che non è definito, ad un passato, che è quello del ricordo, quello delle scene, in cui la vicenda della scoperta del DNA si interseca con la storia di Rosalind. Le scene, quindi, si alternano con i commenti e le dissertazioni dei personaggi al presente, in un continuo susseguirsi di immagini che risultano distorte, non verosimili o non coerenti a giudizio della nostra logica educata, ma che inevitabilmente contribuiscono ad arricchire e a comporre quel film, o quel sogno, che lentamente si srotola sereno e perfettamente compiuto nella nostra mente”.

    « […]Tra i tanti pregi, non solo teatrali, che questo spettacolo ha, c’è anche quello di restituire alla dottoressa Rosalind Franklin quel titolo accademico – PhD. – che il mondo scientifico maschile inglese (ma se avesse vissuto altrove poco sarebbe cambiato) si è ostinato in vita a negarle .[…] Rosalind Franklin – Il segreto della vita è la trasposizione italiana di Photograph 51 della drammaturga americana Anna Ziegler, originariamente messo in scena nel West End con Nicole Kidman. Nell’adattamento italiano – con l’ottima regia dello stesso Filippo Dini – si fa un ampio uso scenico di proiezioni e innesti visivi che riescono efficacemente a trasferire le atmosfere quasi cinematografiche sulle tavole di un palcoscenico […] Mantenendo un perfetto controllo scenico degli avvenimenti e rigore accademico (senza per questo non essere mai poco avvincente e coinvolgente), il racconto si dipana con estrema qualità, visiva ed interpretativa, restituendo alla figura femminile, rea solo di essere stata innamorata del proprio lavoro, se non i “crediti” della “sua” scoperta scientifica, almeno quelli di un lungo e prolungato applauso, al termine dello spettacolo.»Luciano Lattanzi, Media & Sipario

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