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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    Totem Ba, Ricci (2012)

    Titolo: Totem Ba

    scritto e diretto da Michelangelo Ricci
    con Maria Grazia Fiore, Simona Baldeschi, Maurizio Muzzi
    musiche Michelangelo Ricci
    foto Gian Luca Palazzolo
    produzione Teatro dell’assedio

    mostro a due teste pensanti
    A: donna
    B: uomo
    unico corpo
    unico cuore
    unico apparato digerente
    unico sesso
    unico destino di vessazione

    La vita di due gemelli siamesi condannati ad essere cavie di laboratorio scorre in asettiche sale di sperimentazione. Sotto le grinfie di una sospetta “infermiera”, il TOTEM BA mostra i suoi conflitti “interiori” e le sue perplessità nei riguardi del nuovo programma di cura imposto da invisibili dottori che tentano di trasformare il mostro in una persona normale.
    Obiettivo del programma è la creazione di un pensiero unico, di una individualità non dialettica generatrice di ideologie assolute, un “programma” che promette la salvezza, la compiutezza dell’uomo e che invece si fa minaccia per le libertà dell’individuo.

    Da subito si comprende che la tematica dell’infermità nasconde in realtà una stratificazione di significati ben più complessa. I due – che solo alla fine si chiameranno fratelli – devono fare tutto insieme, dall’autoerotismo ai bisogni corporali, con la differenza vitale che uno solo può mangiare per sfamare anche l’altra. Una ha il dono dell’intelligenza, della prontezza di spirito, l’altro, decisamente meno perspicace, ci sta lavorando.
    La storia del TOTEM BA  dà voce a tante storie di persone giudicate “diverse” e per questo discriminate ed escluse.

    Qui l’istituzione sanitaria si fa metafora di una morale che ha il dovere di agire sul diverso e di annientarne le peculiarità, di aggredire il suo diritto alla differenza. Il corpo del TOTEM BA si fa quindi utile cavia su cui poter liberamente sperimentare la cura alla malattia della    diversità, una cura che forse spetterà anche a tutti noi.

    Un esempio di lavoro che ricerca i propri motivi sia nell’atteggiamento estetico che nei contenuti. Il  coraggio e l’azzardo stanno nel voler creare uno spettacolo apparentemente immobile: i due  protagonisti, infaticabili ed emozionanti artefici, sono legati per la vita. Due corpi e una testa per un’unione siamese .Si presentano al pubblico su un piano rialzato, dietro di loro svetta un palo di legno.

    L’ultima parte dello spettacolo striscia pian piano nella drammaturgia il tema del totalitarismo declinato quasi in versione apocalittica. Chi è l’essere misterioso che deve prendere possesso di quel corpo malconcio anche a costo della definitiva unione dei due individui in uno solo? Chi siamo se qualcun altro ci porta a sedare le personalità in cui siamo scissi? Se l’obiettivo fosse l’integrazione nella società, l’obbligo a non mostrare i nostri doppi rappresenterebbe il prezzo da pagare per avere un posto tra gli uomini.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI