ARCHIVIO SPETTACOLI

    L’apparenza inganna, Bernhard-Tiezzi (2000)

    Titolo: L'apparenza inganna

    di Thomas Bernhard
    traduzione Roberto Menin
    drammaturgia Sandro Lombardi
    con Sandro Lombardi e Massimo Verdastro
    regia Federico Tiezzi
    scene Gregorio Zurla
    costumi Giovanna Buzzi
    produzione Associazione Teatrale Pistoiese/Compagnia Lombardi-Tiezzi

    In un vecchio appartamento di Vienna, tra vecchi mobili scomodi ricolmi di abiti e di scarpe, e disseminato di vecchie fotografie, un vecchio signore in maglietta e mutande striscia sul pavimento alla ricerca della sua limetta per le unghie. Così Thomas Bernhard inizia L’apparenza inganna (1983). Il vecchio signore è Karl, che attende la visita di suo fratello Robert. Sono entrambi anziani. Sono stati l’uno giocoliere, l’altro attore. Adesso sono in pensione. Si fanno visita regolarmente ogni martedì e ogni giovedì. Il martedì è Robert che va da Karl, il giovedì Karl rende la visita a Robert. Costruito secondo un procedimento di alternanza tra monologhi e dialoghi, L’apparenza inganna racconta due solitudini. Il terzo polo della situazione è Mathilde, la defunta moglie di Karl. Il nucleo oscuro del contrasto è legato al testamento di Mathilde che ha lasciato la casetta dei week-end non al marito ma a Robert. Da questo spunto si innesca un meccanismo a catena che porta i due a escogitare ogni possibile pretesto per soddisfare quelli che sembrano essere, con definizione beckettiana, i bisogni del tormento. «A me gli attori / hanno sempre interessato / quelli notevoli», dice Karl a Robert. Anche a Bernhard hanno sempre interessato gli attori e questo emerge splendidamente dalla tessitura di una scrittura drammaturgica consapevole quanto poche delle possibilità, delle psicologie, delle amarezze e delle euforie degli attori. E agli attori Bernhard offre anche con questo testo un combustibile straordinario. In due situazioni di speculare claustrofobia, nell’orizzonte limitato di una terra desolata dello spirito, è sorprendente l’ampiezza di registri e di stati d’animo, di sfumature e di invenzioni che il geniale drammaturgo austriaco offre ai suoi due personaggi. In uno stile asciutto e acido, Bernhard sciorina tutta una collezione di sofferenze e di dolori, con il paradossale risultato di raggiungere una sinistra, corrosiva comicità.

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