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La controfiaba elettro-artigianale di Giacomo Verde

Sguardazzo/recensione di "L'albero della felicità"

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Cosa: L'albero della felicità
Chi: Giacomo Verde
Dove: Lucca, Teatro San Girolamo
Quando: 14/03/2016
Per quanto: 55 minuti

Coraggio e inventiva: questi i due elementi che, in prima istanza, emergono dalla visione della “fiaba elettronica” L’albero della felicità a cura del nostro Giacomo Verde, cui assistiamo per la seconda volta, dopo una prova aperta data a SPAM! due settimane or sono, nell’ambito dell’iniziativa Imprevisti e Probabilità.
Il coraggio è quello per una sperimentazione che coniughi l’elemento visuale della costruzione d’immagini comune ai videogames con una teatralità sbalzata rispetto ai principi di illusionismo e immedesimazione cari ai prodotti che adoperano usualmente le tecniche sopracitate. L’inventiva è, invece, connessa all’artigianalissimo dispositivo realizzato appositamente per il lavoro: una sorta di ampio banco occupante la porzione centrale della scena; si tratta d’un grosso televisore a schermo piatto adagiato in orizzontale, coperto, le cui immagini vengono riflesse da un vetro semitrasparente posizionato a circa 45 gradi sul display. L’accorgimento consente, agli spettatori, di vedere ciò che è emesso dal video e, all’artista, di “entrare” all’interno delle proiezioni grazie alla parziale trasparenza del vetro soprastante. Tecnologia e inventiva, computer e cervello (con l’ausilio del braccio).

L.alberoDellaFelicita-G-Verde-AlberoVParla al pubblico Verde, frantumando, anzi eludendo in tutto e per tutto, la fatidica quarta parete: veste casual, ha un aspetto assai poco “spettacolare”. Soluzione simile, in effetti, ad Artist = Zombie (qui la recensione di LSDA), nel percorrere una sorta di garbata ma tetragona contestazione dei principi endemicamente autoritari della comunicazione scenica: l’artista non è un albatros baudelairiano d’inarrivabile comprensione, bensì un uomo tra gli uomini e, come tale, si comporta.  Parla, ironizza, pure inciampa, innervando quel che, comunque, resta uno spettacolo per bambini d’istanze brechtiane, volte a rompere scientemente il “gioc(attol)o della rappresentazione”. Tutto rimanda all’inequivocabile coscienza della finzione: dalla fattura degli ologrammi, ben realizzati ma artatamente statici, al quotidiano eloquio del Verde-narratore, sino alle voci che lo stesso artista offre ai personaggi, per un’interpretazione che mai smarrisce la ludica sottolineatura dell’artificio.

L.alberoDellaFelicita-G-Verde-FiammeLa storia (tratta dalla tradizione narrativa polacca) offre una serie di elementi in controtendenza rispetto alla vulgata maior delle fiabe mainstream: c’è, anche in questo caso, un protagonista, una serie di ostacoli e l’immancabile happy ending, ma la convenzionale struttura retorica del racconto per bambini (qui condita da musica irlandese) viene rovesciata in un’autentica controfiaba. Non si chiude in ricchezza né in bellezza, non ci son principi e principesse (c’è un sovrano, ma fa una pessima figura), la vicenda è ben terrena (si cerca lavoro, come strumento di definizione sociale nonché esistenziale) e la felicità, come premio conclusivo, consta in una morale tratta direttamente da Epicuro: per essere felici, non servono i soldi, non servono gloria e successo; semplicemente, è indispensabile sopire i bisogni primari e, soprattutto, avere molti amici.

L.alberoDellaFelicita-G-Verde-PietraNon è detto che tutto il bel precipitato artistico-concettuale di Verde riesca ad “arrivare” in egual misura a tutti i destinatari ideali dell’allestimento (bambini dai sei anni in su): in tal senso, gli esperimenti cui abbiamo assistito hanno dato riscontri non unanimi, ma è naturale per quella che è, a suo modo, una fiaba sperimentale. Di certo, il tentativo vale abbondantemente il rischio intrapreso, cui si unisce quello di chi scrive, ché recensire un amico è sempre operazione insidiosa. Nondimeno, e in accordo con la controfiaba, riusciamo a essere del tutto appagati d’aver visto L’albero della felicità e averne scritto sulla “nostra” creatura, ossia la presente rivista: e questo è merito pure dell’amicizia di Giacomo Verde.

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VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un vino sarebbe... un rosso robusto e buono, del contadino

Locandina dello spettacolo



Titolo: L'albero della felicità

di e con Giacomo Verde
teatrino video-olografico realizzato da Silvia Avigo
sistema luci Led realizzato da Paolo Morelli
computer grafica di Giacomo Verde
musiche dei Whisky Trail
Grazie a: Roberto Castello, Alessandra Moretti, Gianfranco Martinelli
progetto sostenuto da SPAM! rete per le arti contemporanee


L'albero della felicità è uno spettacolo di narrazione, con l'utilizzo di video-ologrammi, tratto dalla splendida fiaba della tradizione polacca Il melo incantato. Il lavoro realizzato per i ragazzi e dedicato ai genitori ha una durata di circa 55 minuti. La storia racconta di un giovane che non riesce a trovare un lavoro che lo soddisfi e di una vecchia che gli predice che solo quando troverà il lavoro giusto sarà felice, ma dovrà farlo per amore e non per denaro. E poi ci sono: una povera madre, una lucertola in pericolo, un Re malato molto prepotente e delle pere magiche molto colorate. I personaggi della storia, che vengono mostrati attraverso un “teatrino olografico”, sono realizzati in grafica 3D, utilizzando in maniera "alternativa" alcuni dei programmi normalmente utilizzati per la creazione di personaggi e situazioni da videogame, in modo da mettere al servizio del teatro le potenzialità delle nuove tecniche di narrazione digitale.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.