Come L’Oriana sul tetto che scotta affogò nel verde petrolio

Sguardazzo/recensione di "La gatta sul tetto che scotta"

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Cosa: La gatta sul tetto che scotta
Chi: Arturo Cirillo, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni
Dove: Pisa, Teatro Verdi
Quando: 1/03/2015
Per quanto: 105 minuti

Atmosfere che cercano di richiamare un lontano Hopper quelle volute da Arturo Cirillo per il suo secondo approccio alla decadenza borghese di Tennessee Williams. Una camera da letto, quella dei due sposini protagonisti, Maggie e Brick, lo spazio di azione. Un limbo dalle pareti verde petrolio, pateticamente arredato, eco di motel a basso costo piuttosto che di dimora patriarcale. Un letto, una poltrona, un divano e il mobile degli alcolici. Sparsi in giro per la stanza indizi che fanno intuire la dimensione decisamente poco favolistica del matrimonio. Alcolizzato lui, insoddisfatta lei, prigionieri di un universo familiare che pretende come riconoscimento sociale una sregolata procreazione.

È proprio sul vociare stridulo di giocosi pargoli che fa il suo ingresso in scena, al suo esordio teatrale, Vittoria Puccini: Maggie la Gatta. Concitata, nervosa, si aggira per la stanza gridando, un po’ al mondo appena chiuso fuori dalla camera da letto, un po’ al marito celato dietro la porta del bagno, tutto il suo velenoso disprezzo per la cognata matrona e i suoi innumerevoli figli «senza collo». Neanche l’ingresso in scena di Brick, Vinicio Marchioni, caviglia fasciata, aria sofferente e insofferente al contempo, sembra riuscire a placare la protagonista. La Puccini pretende di sembrare furiosa, si sforza di essere isterica, quasi volesse ispirarsi alla Maggie cinematografica di Liz Taylor. Invano tenta di ricacciare dentro L’Oriana, ultimo suo lavoro televisivo, che nella maggior parte dei momenti prende il sopravvento. Liz Taylor parla con la voce della Fallaci che parla con quella della Puccini; un ibrido destinato all’universo del caricaturale becero, con la sindrome che si diffonde ed estende a tutti gli altri personaggi.

puccini_marchioniUno dopo l’altro gli attori entrano in scena: grottescamente compiono, come in una stand-up comedy, il loro numero per uscire senza lasciare traccia. Completamente appiattiti o eccessivamente sopra le righe, sfilano rotolando lentamente verso la fine. Il testo stesso si appesantisce, si arena bloccato in una recitazione che non concede pause, caricata e straripante. Neanche Marchioni riesce a liberarsi dal pantano incolore. Succube dell’universo mediatico che lo desidera compagno designato per la Puccini, inserito per l’ennesima volta nella dinamica di coppia con l’attrice, si aggira per la scena senza avere troppo chiaro che cosa fare. Ferito nel corpo e nello spirito, si giostra tra i deliri prodotti dall’alcool e lunghi silenzi falsamente carichi di senso.

Dopo quasi due ore, finalmente, s’intravede la conclusione. La camera da letto, dopo essere stata ritrovo di ogni singolo componente della famiglia, torna a rinchiudere e concedere a moglie e marito un’intimità popolata di menzogna e ipocrisia. Fagocitata dagli eccessi della recitazione e da una regia che sembra non riuscire a mantenere il controllo di ciò che accade sul palco, dell’atmosfera creata da Williams restano solo pochi i avanzi, tutt’altro che sufficienti.

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... un giorno della settimana sarebbe... lunedì

Locandina dello spettacolo



Titolo: La gatta sul tetto che scotta

di Tennessee Williams
regia Arturo Cirillo
con Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni
produzione Fondazione Teatro della Pergola/Nuovo Teatro


Secondo Premio Pulitzer nel 1955 per il drammaturgo statunitense Tennessee Williams (il primo nel 1948 gli venne assegnato per Un tram che si chiama desiderio), La gatta sul tetto che scotta narra la storia di una donna di bassa estrazione sociale, Maggie, che per alleviare la cocente situazione familiare in cui si trova e per timore di dover lasciare la casa e il marito, imbastisce una rete di bugie. Vittoria Puccini, musa cinematografica di registi come Sergio Rubini e Gabriele Muccino, salirà per la prima volta sul palco di un teatro in uno dei ruoli immortali della drammaturgia del ‘900. Accanto a lei, avviluppato nella fitta rete di bugie della moglie, si muove il Brick di Vinicio Marchioni, il Freddo nella serie Tv Romanzo criminale di Stefano Sollima. Interamente ambientato nella loro camera da letto, Brick e Maggie portano avanti un matrimonio bianco. Maggie, innamorata perdutamente del marito, ex sportivo ed attualmente infortunato ad una caviglia, è stufa della situazione e gli chiede di desiderarla, non riuscendo però a solleticare minimamente le fantasie dell'uomo: questi da tempo è assorto completamente nelle nebbie dell'alcol. Si scherma dagli attacchi della moglie con risposte brusche. Tra giochi passionali e abili caratterizzazioni, guidate con mano sicura dal regista Arturo Cirillo, affiorano a poco a poco tra Brick e Maggie sensualità cariche di sottintesi e di contenuti inespressi o inesprimibili; all'ideale purezza dei sentimenti si contrappone la dura realtà di un mondo familiare e sociale pieno di ipocrisie.

Gemma Salvadori
Nata a Volterra nell'inverno del 1992, vive lì, studia a Pisa. Sogna di vivere in un attico con un cane e quattro gatti: tutto molto bello ma davvero poco interessante. Fuma e scrive su un' agenda bancaria più vecchia di lei rivestita con la carta da parati della nonna del suo vicino di casa.