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Bambini, non correte con le spade in mano

Sguardazzo/recensione di "I duellanti"

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Cosa: I duellanti
Chi: Alessio Boni, Marcello Prayer
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 7/03/2013
Per quanto: 100 minuti

Viene da pensare, dopo aver visto I duellanti, che probabilmente sarebbe molto più interessante parlare d’altro.
Ma, considerato che sarebbe poco garbato liquidare la faccenda come un laconico Fiabeschi con un:« I Duellanti, regia di Alessio Boni, musiche di Luca d’Alberto», è giusto procedere a un’analisi leggermente più approfondita.

In scena, tra due strutture in ferro simili a ponteggi di cantiere, Boni e Marcello Prayer, il primo soldato ferito, l’altro dottore intento a ricucire. Perdendosi in chiacchiere, il dottore, sordo alla traboccante agonia del suo paziente, inizia a raccontare la vicenda di coloro che fecero del duello una ragione di vita.
Da qui in avanti prende corpo la storia narrata da Joseph Conrad e, abbandonando le vesti di medico e ferito, fanno il loro ingresso sulla scena Armand D’Hubert (Boni) e Gabriel Florian Feraud (Prayer).

duellanti boni prayerPochi minuti e i personaggi tanto grandi narrati dallo scrittore polacco si snaturano e si deformano divenendo caricature dedite più a scaramucce inacidite che alla salvaguardia del proprio onore. Si salta da un duello all’altro con semplicità e, forse per colpa nella smania di voler restituire l’appetito insaziabile dell’orgoglio, si getta via il testo. Il pubblico viene “imboccato” con tale pedanteria che, ben presto, la storia perde sostanza. Le parole di Conrad sbiadiscono, così come sbiadisce il concetto stesso di duello. L’inseguirsi attraverso gli anni con la fame feroce di saldare i conti, il pretendere la vendetta per l’onore ferito, il desiderio bruciante di cercare lo scontro per vedere le vesti del nemico imbrattarsi di sangue: niente di questo riesce a sopravvivere.

08/07/2015 58 Festival Di Spoleto. Teatro. Teatro Nuovo, I Duellanti. Nella foto gli attori Alessio Boni, Marcello Prayer, Francesco Meoni e al violoncello Federica Vecchio.Boni, insieme a Prayer, a Francesco Niccolini e a Roberto Aldorasi, interviene sulla drammaturgia, taglia e cuce, dando uno spazio forse troppo grande a intermezzi comico-grotteschi con la probabile volontà di alleggerire una storia che, per come viene gestita, sembra già sufficientemente leggera.
Lo stesso duello in Slesia, che nel testo originale vede Feraud e D’Hubert separati dai commilitoni, viene svenduto in favore di una sequenza in cui i due attori protagonisti lottano al ralenti per poi dividersi con uno scambio di caustiche battute.

Decisamente poco convincente risulta la stessa discussione tra un D’Hubert ormai invecchiato, decadente e sconvolto dal dubbio riguardo la propria giovane moglie, e il vecchio zio che entra in scena accomodato in una vasca da bagno, avvolto dal vapore e in compagnia di un muto e statuario servitore.
Fa riflettere, infine, che l’ultima battuta pronunciata da D’Hubert rivolgendosi a Feraud al termine dell’ultimo duello, fondamentale quanto suggestiva nel testo di Conrad, abbia provocato un impulso di riso nel pubblico.

Chi scrive si domanda, senza la presunzione di possedere una risposta, se forse Conrad abbia bisogno, per essere reso al meglio, di qualcosa in più o in meno, oltre ad alcune divise militari e un paio di spade.

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VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... un terreno del monopoli sarebbe... Il parcheggio pubblico

Locandina dello spettacolo



Titolo: I duellanti

di Joseph Conrad
traduzione e adattamento Francesco Niccolini
regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi
drammaturgia Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Prayer, Francesco Niccolini
con Alessio Boni, Marcello Prayer e con Francesco Meoni
violoncello Federica Vecchio
maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
musiche Luca D’Alberto
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Giuseppe Filipponio
produzione Goldenart

di Joseph Conrad
traduzione e adattamento Francesco Niccolini
regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi
drammaturgia Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Prayer, Francesco Niccolini
con Alessio Boni, Marcello Prayer e con Francesco Meoni
violoncello Federica Vecchio
maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
musiche Luca D’Alberto
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Giuseppe Filipponio
produzione Goldenart
Un romanzo esemplare, scritto da uno dei più grandi autori europei di primo Novecento: Józef Teodor Konrad Korzeniowski, meglio noto come Joseph Conrad, un polacco che, in inglese, racconta una sorprendente storia francese. Di più: napoleonica. L’affresco di un mondo, quello della cavalleria e degli eserciti ottocenteschi, che da lì a breve sarebbe stato spazzato via dalle nuovi armi e dalle nuove logiche militari del Novecento: l’introduzione di armi da fuoco a ripetizione e il super potere degli industriali nella gestione dei profitti di guerra avrebbero buttato all’aria antiche regole, l’etica militare e reso smisurati gli eccidi sui campi di battaglia.
L’idea geniale su cui Conrad costruisce The Duel è che i due avversari non si fronteggiano sugli opposti versanti del campo di battaglia: sono ufficiali dello stesso esercito, la Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Ussari, per l’esattezza.
Per motivi a tutti ignoti – e in realtà banalissimi, al punto da rasentare il ridicolo – inanellano sfide a duello che li accompagnano lungo le rispettive carriere, senza che nessuno sappia il perché di questo odio così profondo. E, proprio per il mistero che riescono a conservare, i due diventano famosissimi in tutto l’esercito napoleonico: non tanto e non solo per i meriti sui campi di battaglia di tutta Europa, quanto per la loro eroica fedeltà alla loro sfida reciproca, che li accompagnerà per vent’anni, fino al duello decisivo.
Un’opera su di un mondo in rapida estinzione, e al tempo stesso un capolavoro dell’assurdo, su come i fili della vita e del destino sfuggano di mano e sopravanzino ogni buon senso e prevedibilità.
Gabriel Florian Feraud, guascone iroso e scontento, e Armand D’Hubert, posato e affascinante uomo del nord, non sono semplicemente due giovani promettenti, e sconcertanti ufficiali del più grande esercito dell’Ottocento, ma a modo loro incarnano incubi e ossessioni che – da Melville a Faulkner, da Kafka fino ad Albert Camus – accompagnano la cultura occidentale fino allo sfacelo della seconda guerra mondiale.

Gemma Salvadori
Nata a Volterra nell'inverno del 1992, vive lì, studia a Pisa. Sogna di vivere in un attico con un cane e quattro gatti: tutto molto bello ma davvero poco interessante. Fuma e scrive su un' agenda bancaria più vecchia di lei rivestita con la carta da parati della nonna del suo vicino di casa.