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La lucida follia di Branciaroli

Sguardazzo/recensione di "Enrico IV"

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Cosa: Enrico IV
Chi: Franco Branciaroli, Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti
Dove: Lucca, Teatro del Giglio
Quando: 24/01/2015
Per quanto: 130 minuti

Avevamo lasciato Franco Branciaroli in Versiliana, dove aveva proposto il suo Dipartita finale, tentativo tra il maldestro e l’arrogante, insieme con altri mostri sacri quali Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai e Massimo Popolizio. Arroganza, dote in sé apprezzabile, nella dichiarazione: «Dopo i nomi che ho citato sopra, ultimi reduci di un teatro grandissimo, io oggi non vedo niente». Bravo, sette più: magari, se ci si prendesse la briga di andarci, a teatro, e di notar le differenze strutturali tra anni Settanta e momento attuale, forse, non la si metterebbe tanto sul piano muscolare. Non è piagnisteo, il nostro, ma considerazione meditata.

Ritroviamo, quindi, Branciaroli in un Pirandello: primo per lui, e da attore e da regista. Enrico IV, testo esemplare, pure più d’altri titoli celebrati: nella vicenda dell’innominato protagonista finto pazzo (a metter in crisi il rapporto realtà-rappresentazione, rovesciando su sé stessa l’ipocrisia borghese di convenzioni, amori e tradimenti), l’autore girgentino consegna alla storia (e a Ruggero Ruggeri per cui scrisse la pièce) un capolavoro d’equilibri drammaturgici. Tentativo dichiarato dell’operazione branciaroliana: «rendere Pirandello meno noioso», enfatizzando il ruolo dei personaggi collaterali attorno al “sovrano”.

Solo in parte il tentativo va a buon fine: la sinistra, aggettante scena di cornici a linee sghembe, carrelli ronconiani, cavalli da giostra, accoglie dapprima le squittenti macchiette giunte a saggiar lo stato del folle. Caricata Melania Giglio, mossette da signora che mal accetta l’età, raisonneur d’eco gassmaniana il Belcredi di Giorgio Lanza, sedulo e vacuo il dottore (Antonio Zanoletti).

Recita briosa, quasi svagata, sino all’apparizione del protagonista: da lì, ritmi dilatati, raggelanti. Tutto previsto per il decollo nella seconda frazione, coagulo in cui s’innesca il grand’attore: in termini quantitativi, non ce n’è per nessuno. Il monologo con cui Enrico rivela la burla è approdo sulfureo, denso grumo echeggiante amletiche verità: Branciaroli sventaglia l’ampia gamma di piegature che, da sola, riempie la scena ora sgombra. Pulizia, spaziale, di breve durata: riecco la comitiva, l’ossessivo affollamento d’arredi inquietanti per l’ultima “tirata” di totale disgusto, prima dell’omicidio finale, col “guarito” nuovamente sprofondato, sua sponte, nella pazzia.

Un momento prima s’intravede, forse, una potenziale chiave definitiva del testo, più dello sguardo in platea a monologo in corso. Quando Belcredi invita il protagonista “ristabilito” a venir via, tornare nel “mondo reale”. Ci è sembrato di notare Branciaroli inserire una pausa e (forse) una domanda assenti nel dettato originale: «E andare dove?», come a negare ogni prospettiva concreta, migliore, progressiva dell’esistenza. In quel dettaglio, scorgeremmo l’intimo contatto tra testo pirandelliano e grande teatro, la percezione di dolore insanato e insanabile che è la vertigine, il disagio dell’essere. Dell’esserci. Ecco: svecchiare Pirandello potrebbe equivalere ad asciugarlo dai liturgici convenevoli da scena borghese, direzionandosi verso l’inesorabile, quel punto di fuga disperato in cui risiede un’ipotetica e carsica matrice dionisiaca. Pur nella discontinuità d’un allestimento comunque apprezzabile, Branciaroli ha quindi il merito di suggerire simile esito, ricalibrando il testo rispetto ai canoni convenzionali, il che merita senz’altro un plauso, al di là della pura e semplice (si fa per dire) prestazione attorica che, pure, gli riconosciamo.

CENTRO TEATRALE BRESCIANO ENRICO IV

(Rielaborazione della recensione pubblicata in prima istanza da La Gazzetta di Lucca il 25 gennaio 2015)

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un'automobile sarebbe... una discreta Citroën DS (la mitica "Squalo"), ma un po' smarmittata

Locandina dello spettacolo



Titolo: Enrico IV

di Luigi Pirandello
regia Franco Branciaroli
scene e costumi Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
con Franco Branciaroli
e con Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Tommaso Cardarelli, Valentina Violo, Daniele Griggio, Sebastiano Bottari, Andrea Carabelli Pier Paolo D’Alessandro, Mattia Sartoni
produzione CTB Teatro Stabile di Brescia / Teatro de Gli Incamminati


Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell'impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più.  Franco Branciaroli, dopo i recenti successi ottenuti con Servo di scena, Il Teatrante e Don Chisciotte, continua la sua indagine sui grandi personaggi del teatro portando sulla scena l’Enrico IV, dramma in tre atti di Luigi Pirandello, scritto nel 1921 e rappresentato per la prima volta il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano. Insieme a Sei personaggi in cerca di autore è considerato il capolavoro teatrale di Pirandello. Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all'autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità. In una lettera che Pirandello scrive a Ruggero Ruggeri - uno degli attori più noti dell'epoca - il drammaturgo agrigentino dopo avergli raccontato la trama, conclude dicendogli che vede in lui il solo attore in grado d’interpretare e dare corpo e anima al ruolo del titolo. Scrive infatti: «Circa vent'anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell'aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una "cavalcata in costume" in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s'era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s'era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s'era dato la pena e il tormento d'uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato. (...) Senza falsa modestia, l'argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte.» Il personaggio di Enrico IV, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell'impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più, stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno e sceglie quindi di ‘interpretare’ ruolo fisso del pazzo.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.