Sette, anzi nove domande a

Marco Chenevier

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A circa un anno dalla rivelazione di Quintetto (ecco lo sguardazzo), Arlecchino ritrova Marco Augusto Chenevier in quel di Porcari, a SPAM!, per un nuovo allestimento dal titolo piuttosto singolare: Questo lavoro sull’arancia (ne parliamo qui).
Valdostano, formazione che unisce teatro, danza e un non trascurabile praticantato scenico (perché scrivere profiletti biografici a rischio inesattezza, quando si può segnalare un link?), Chenevier è uno dei cuori pulsanti del progetto Tida Théatre Danse, tra le cui linee programmatiche troviamo una «concezione critica della società, dello spettacolo, dell’estetica convenzionale e della produzione artistica in sé», posizionandosi così «in un terreno di ricerca, nutriti da continue collaborazioni con giovani filosofi, mettendo in pericolo ed a disposizione del pensiero i corpi dei danzatori quali oggetti politici, linfa e cuore pulsante degli spettacoli che sono concepiti come risultati di processi di ricerca su stimoli critici». Tutto molto interessante, come, del resto, le due produzioni cui abbiamo assistito nel giro di un anno: diverse, eppure legate da un’evidente filo conduttore quanto a carica iconoclastica, intelligenza e impiego della tecnica in favore d’un discorso complessivo compiuto, non alieno da declinazioni comiche mai fini sé stesse.
Ovvio che Arlecchino, in un’inedita quanto godibilissima formazione collettiva, fremesse per sottoporgli il fatidico e proverbiale questionazzo. Vediamo com’è andata. 

Innanzitutto sette, anzi nove domande.

Perché gli spettacoli iniziano alle nove di sera?
Non lo so. A dire il vero, proprio non lo so. Infatti, fosse per me, inizierei sempre alle 18, così per le 19 finiamo e andiamo a cena a un’ora decente.

Cosa non dovrebbe essere ammesso in teatro?
La passività. Tipo se ti fa schifo e non dici niente: ecco, quello non dovrebbe essere ammesso.

Che opinione hai del pubblico teatrale?
Non credo che esista un pubblico teatrale, o almeno, non esiste in questi termini. Il pubblico non è un monolite, sempre uguale a sé stesso. Esistono dei cittadini che decidono di andare a teatro.

Meglio una platea straripante abbonati o una cantina di pochi appassionati?
Una cantina straripante di appassionati.

È possibile fare teatro senza fare spettacolo?
Assolutamente sì.

Che senso ha, per te, la critica teatrale?
Dipende. [Sorride].

Che spettatore sei? Cosa dovrebbe “fare” un’opera?
Sono uno spettatore esigente, ma un’opera deve fare, essenzialmente, quello che vuole. Esattamente come lo spettatore.

Un lavoro a cui hai assistito e che rivedresti anche stasera.
In girum imus nocte (et consumimur igni) di Roberto Castello[Gli Arlecchini presenti, dato il luogo in cui si sta svolgendo la conversazione, iniziano a far versacci all’artista, accusandolo, neppure troppo velatamente, di piaggeria]. 
Vi assicuro che è vero: mi è piaciuto moltissimo, l’ho visto almeno cinque volte e, poiché organizzo un festival, prova ne sia che l’ho pure programmato lì. Nessuna ruffianeria. [Gli Arlecchini fingono di placarsi e crederci].

Il tuo lavoro che vorresti far vedere a tutti. E quello che avresti voluto evitare.
Quello che vorrei far vedere a tutti è quello che abbiamo appena prodotto, e che speriamo possa fare una tournée internazionale.
Quello che vorrei aver evitato… direi nessuno.

E adesso… tre risposte a cui formulare la domanda:

Non è una questione di pura e semplice contrapposizione, quanto, piuttosto, di individuare un’armonia funzionale al contesto dato.
Di che colore hai i capelli?

In effetti, la figura di Arlecchino, così densa di sfumature e implicazioni sia teatrali sia antropologiche, esprime alla perfezione la dualità del gesto di guardare ed essere osservati, il rapporto profondo e, talvolta, vischioso, tra lo stare in scena e il gettare lo sguardo a ciò che sta oltre.
Arlecchino cosa rappresenta a livello iconico e a livello teatrale?

Grazie per la domanda. Un nome secco? Emma Dante.
Silenzio. Chenevier ride, e con lui gli Arlecchini. Capendo che deve davvero porre la domanda, resta interdetto. Si continua a ridere. Scuote la testa. Sibila, sottovoce, un impercettibile «Delinquenti…». Nel frattempo si sono aggiunte pure Eva Guidotti, Alessandra Moretti, rispettivamente addetta stampa e danzatrice/organizzatrice di SPAM!, nonché Alessia Pinto, compagna di scena del danzatore nello spettacolo da poco terminato: ridono assieme agli Arlecchini. Chenevier chiede: «Ma questa cosa verrà proprio pubblicata?», e Moretti cerca di portarlo via, sottraendolo alla situazione. Niente da fare, la domanda esige risposta e, dopo interminabili istanti in cui continua a guardarci malissimo, benché divertito, profferisce: La… La… Chi riempie i teatri?

l'Arlecchino
È un semplicione balordo, un servitore furfante, sempre allegro. Ma guarda che cosa si nasconde dietro la maschera! Un mago potente, un incantatore, uno stregone. Di più: egli è il rappresentante delle forze infernali.

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