Deconstructing Richard

Sguardazzo/recensione di "Riccardo III"

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Cosa: Riccardo III
Chi: Michele Sinisi
Dove: Lari (PI), Teatro Comunale
Quando: 30/07/2014
Per quanto: 60 minuti

Tra i non pochi debutti dell’edizione 2014 di Collinarea (festival estivo installato a Lari con buona tradizione: siamo al 16° anno) spicca questo Riccardo III prodotto dalla feconda compagnia Teatro Minimo. Michele Sinisi, che ne è autore e unico protagonista, non opta, ça va sans dire, per una fedele riproposizione del lunghissimo dramma storico shakespeariano; sceglie invece una soluzione metateatrale in cui lo spettacolo scaturisce, quasi come emanazione, dalla riflessione sull’opera: il “metter mano” al testo diventa cioè scrittura scenica da offrire alla visione (qualcuno potrà ricordare che un principio non dissimile era alla base di Looking for Richard, film scritto e diretto da Al Pacino una ventina d’anni orsono). La scelta di Sinisi non sorprende per originalità, di questi tempi, e lo stesso si può dire dell’apparato scenografico ridottissimo (un tavolaccio d’alluminio e pochi altri oggetti, un microfono, un paio di cuffie, luci da lavoro, un pallone, uno straccio per pulire); tuttavia sembra essere riscattata da una genuina violenza drammaturgica, che si direbbe quasi didattica, o divulgativa, o mossa dal desiderio di invitare alla lettura (se non fosse evidentemente molto più digeribile da quanti già conoscono il testo e i suoi recessi).

Riccardo III (Teatro Minimo)

Per esser più chiari, del dramma non resta che la tirata iniziale di Riccardo, una cinquantina di versi dallo splendore poetico cristallino, benché lugubri e forieri di sventure; ma questa non serve ad annunciare, a mo’ di prologo, il corso degli eventi che lo spettacolo mostrerà (funzione che immaginiamo dovesse avere in origine); piuttosto, rimasticata e ripetuta in malo modo (e pessima pronuncia inglese), urlata o sotterrata, scritta a pennarello o disturbata dall’atroce suoneria di un cellulare, funziona come estrema condensazione dell’opera stessa: un’ouverture destrutturata, manipolata, alienata da un interprete teso e ferrigno nell’adeguare la sua performance alla dissennatezza che promana da ogni riga del monologo. E se pure restano intonse le pagine dopo la prima, e non c’è traccia di versi immortali e quasi proverbiali (come «un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo», epitome del progressivo e fatale inabissamento del protagonista, infine sconfitto sul campo di battaglia), varrà forse come difesa la constatazione che lo spettacolo è, come Riccardo, di “rozzo stampo” e destinato all’insania.

Circa cinquanta minuti di spettacolo, ben ripagati dal pubblico stipato nel teatrino di Lari, mercoledì 30 luglio 2014.

 

 

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... una filastrocca per bambini sarebbe... Giro-Girotondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra

Locandina dello spettacolo



Titolo: Riccardo III

tratto da William Shakespeare
di e con Michele Sinisi
collaborazione alla scrittura scenica Francesco Asselta e Michele Santeramo
produzione Fondazione Teatro della Toscana

«Il testo di Shakespeare si apre con un monologo di Riccardo che vale la bellezza dell’intera opera e che condensa tutta la vicenda. La narrazione che ne segue apre all’aspetto più profondo, all’animo del personaggio e di chi gli sta intorno, degli altri personaggi, ahimè di noi. Riccardo annuncia cosa farà, il perché, e con la sua “teatralità”, la sua deformità, alimenta in segreto il desiderio di conoscerlo. Il posticcio e la finzione, l’artificio che induce a credere, in questo personaggio sembrano trovare una delle occasioni più emblematiche e la magia del teatro diventa una grande bugia. Il lavoro è costruito sul monologo inziale di Riccardo e su cosa serve per realizzare i personaggi, per farli vivere agli occhi dello spettatore. Lui diventa cattivo perché la vita gli ha tolto tanto. La cattiveria con cui invade la storia non è comodamente assoluta ma è generata dalla vita vissuta sotto il cielo, con le aspettative che questa tradisce, i sogni che non ci permette di realizzare. Le sottrazioni dell’animo di Riccardo si somatizzano e le ferite mostrano una diversa evoluzione della bellezza. C’è una forte nostalgia in quell’inizio perché niente è più doloroso della coscienza di ciò che non sarà più. Lo spettacolo non racconta una storia, la fa vedere e il testo ha un ruolo musicale, da sentire più volte fino a comprenderlo sulla scena più di quanto il foglio non possa fare.» (Michele Sinisi)

Carlo Titomanlio
È una persona serissima.