L’Oreste: tragedia quasi bidimensionale in crescendo

Sguardazzo/recensione di "L'Oreste, quando i morti uccidono i vivi"

-

Cosa: L'Oreste, quando i morti uccidono i vivi
Chi: Claudio Casadio, Francesco Niccolini, Andrea Bruno
Dove: Lucca, Teatro del Giglio
Quando: 29/10/2021
Per quanto: 60 minuti

 

Nella platea del Teatro del Giglio si intravedono un paio di orecchie da Shrek, ma non molto altro ci ricorda che ci troviamo nella Lucca dei Comics & Games. Lo spettacolo di cui ci accingiamo a parlare, L’Oreste ideato da Francesco Niccolini, si sviluppa proprio nell’àmbito del festival: si tratta della nuova opera del progetto Graphic Novel Theater, varato nel 2017 dalla collaborazione tra Lucca Comics e Teatri d’Imbarco.
Se tutti gli spettacoli succedutisi da quell’anno al 2020 (
Una ballata per Corto Maltese, Kobane Calling On Stage, Io sono Cinzia, di cui vi ricordiamo gli sguardazzi qui e qui, e Lucrezia Forever!) prendevano le mosse da fumetti e personaggi preesistenti, a cui sulla scena veniva data nuova forma, L’Oreste propone invece la nascita concomitante del testo teatrale e dei personaggi fumettistici ideati da Andrea Bruno.

Sulla scena, una scrivania coperta di scartoffie, alcuni disegni e quadri accatastati sullo sfondo, un armadio di legno e un letto sul quale è disteso, addormentato, Claudio Casadio, Oreste. Risuona la canzone Parlami d’amore Mariù, cantata dalla voce registrata del protagonista: la melodia dolce entra in contrasto con la voce stonata, e sembra anticipare la dissonanza di un personaggio in continuo attrito con il mondo che lo circonda. Le musiche di Paolo Coletta si coniugano perfettamente con la storia: ora brani avvolgenti accompagnano i ricordi infantili di Oreste, ora armonie più  incisive e dissonanti preparano alle rivelazioni più drammatiche.

Oreste si sveglia e parla con il suo compagno di stanza, Ermes, che compare sullo sfondo in forma di disegno solo lievemente animato (la bocca si apre e si chiude quando proferisce parola). Ben presto è chiaro come il personaggio, distratto a fantasticare di viaggi sulla Luna assieme al padre che lo attenderebbe in Russia, sia ospite dell’ospedale psichiatrico di Imola: inevitabile sospettare che alcuni dei personaggi che appaiono nella sola forma grafica siano frutto della sua immaginazione. La piattezza, letteralmente bidimensionale, degli interlocutori viene controbilanciata dalla dinamicità del protagonista. I dialoghi (con attori non umani, seppur tutti con voce umana registrata) prevedono spesso risposte rapidissime, e il rischio di una sovrapposizione di battute non è da sottovalutare: mantenere un ritmo tanto precisamente misurato sembra quasi una prova di abilità. L’attore riesce a tenere in piedi l’illusione, ma talvolta si intravede lo sforzo di sostenere il ritmo serrato.

I personaggi-fumetto invitano Oreste a riflettere su sé stesso, e lo spettacolo complessivamente sembra configurarsi come una seduta psicanalitica, attraverso la quale si riscoprono poco per volta esperienze traumatiche che il protagonista aveva rimosso o reinterpretato. L’attenzione dello spettatore viene catturata perché, come in un romanzo giallo, si vuole scoprire quali siano gli eventi che hanno condotto alla situazione presente.

Le tragedie si susseguono: prima una morte accidentale, una famiglia che si sfalda, poi un omicidio, e altro ancora. La storia è un continuo gioco al rialzo, e se la prima disgrazia ci colpisce per la sua crudezza, in seguito sentiamo svilupparsi un desiderio morboso di farci servire storie sempre più macabre, quasi grottesche: lo spettacolo non delude, e costruisce un crescendo intensissimo, che schiaccia il protagonista sotto il peso di un passato terribile.

Tuttavia, talvolta il ritmo incalzante (sia delle registrazioni che, più in generale, del procedere del testo) sembra avere la meglio sulla narrazione. Si tratta di una prima assoluta: saremmo molto curiosi di rivedere questo lavoro dopo qualche replica, perché certi che saprà rafforzarsi.

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un dolce sarebbe... una crostata con marmellata di lamponi

Locandina dello spettacolo



Titolo: L'Oreste, quando i morti uccidono i vivi

di Francesco Niccolini
regia Giuseppe Marini
illustrazioni di Andrea Bruno
con Claudio Casadio
scenografia e animazioni Imaginarium Creative Studio
musiche originali Paolo Coletta
costumi Helga Williams
luci Michele Lavagna
aiuto alla regia Gaia Gastaldello
collaborazione alla drammaturgia Claudio Casadio
organizzazione Andrea Paolotti
distribuzione Massimo Tamalio
produzione esecutiva Società per Attori
voci di Cecilia D’Amico, Andrea Paolotti, Giuseppe Marini, Andrea Monno


Un solo attore in scena, ma non un monologo. Grazie alla mano di Andrea Bruno, uno dei migliori illustratori italiani, ciò che attende lo spettatore è ben altro: l’interazione continua tra teatro e fumetto, animato da Imaginarium Creative Studio. Le musiche originali sono firmate da Paolo Coletta. Oreste è internato nel manicomio dell’Osservanza a Imola. È stato abbandonato quando era bambino, e da un orfanotrofio a un riformatorio, da un lavoretto a un oltraggio a un pubblico ufficiale, è finito lì dentro perché, semplicemente, in Italia, un tempo andava così. Dopo trent’anni non è ancora uscito: si è specializzato a trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento peggiore. Non ha avuto fortuna l’Oreste, e nel suo passato ci sono avvenimenti terribili che ha rimosso ma dai quali non riesce a liberarsi: la morte della sorella preferita, la partenza del padre per la guerra, il suo ritorno dalla campagna di Russia tre anni dopo la fine di tutto e poi la sua nuova partenza, di nuovo per la Russia, per una fantastica carriera come cosmonauta, e – come se tutto questo non bastasse – la morte violenta della madre, una madre che lo ha rifiutato quando era ancora ragazzino con i primi problemi psichici. Eppure, l’Oreste è sempre allegro, canta, disegna, non dorme mai, scrive alla sua fidanzata (che ha conosciuto a un “festival per matti” nel manicomio di Maggiano a Lucca), parla sempre.Parla con i dottori, con gli infermieri, con un’altra sorella che di tanto in tanto viene a trovarlo, ma soprattutto parla con l’Ermes, il suo compagno di stanza, uno schizofrenico convinto di essere un ufficiale aeronautico di un esercito straniero tenuto prigioniero in Italia. Peccato che l’Ermes non esista. Oreste riceve costantemente visita dai suoi fantasmi, dalle visioni dei mondi disperati che coltiva dentro di sé, oltre che da medici e infermieri. I sogni dell’Oreste, i suoi incubi, i suoi desideri e gli errori di una vita tutta sbagliata trasformano la scenografia e il teatro drammatico classico in un caleidoscopio di presenze che solo le tecniche del “Graphic Novel Theater rendono realizzabile: un impossibile viaggio tra Imola e la Luna attraverso la tenerezza disperata di un uomo abbandonato da bambino e che non si è più ritrovato. L’Oreste è una riflessione sull’abbandono e sull’amore negato. Su come la vita spesso non faccia sconti e sia impietosa. E su come, a volte, sia più difficile andare da Imola a Lucca che da Imola sulla Luna. Uno spettacolo originalissimo, di struggente poesia e forza, in cui fluiscono momenti drammatici e altri teneramente comici. Con un’animazione grafica di straordinaria potenza, visiva e drammaturgica, Claudio Casadio dà vita e voce a un personaggio indimenticabile, affrontando con grande sensibilità attoriale il tema importante e delicato della malattia mentale. Dallo spettacolo è stato realizzato un libro che ne raccoglie testi e illustrazioni, pubblicato da Poliniani Editore.

Sara Casini
Sedicente studentessa universitaria, apparentemente giovane: nella realtà ha almeno il doppio degli anni e il triplo della malvagità dimostrate dagli occhioni azzurri e il sorriso inoffensivo.