Si alza il sipario. In scena, seduta su una panchina, una donna con solo il volto illuminato da un faretto. Silenzio. Fino a che, dopo una buona ventina di secondi, l’atmosfera viene rotta dall’attrice con un sonoro “Vi siete già rotti i coglioni?“. Si apre così La comicità è una cosa seria, lezione-spettacolo tenuta dalla toscana Katia Beni, che con una sola frase è già riuscita a conquistare il pubblico.
L’intento alla base della serata è semplice: cercare di analizzare, dissezionare il processo comico per capirne i meccanismi basilari. Si spiega con questo la scelta di impostare il tutto secondo il modello della lezione-spettacolo, definizione semplicistica che in realtà inquadra un lavoro ben più complesso. Durante la serata si alternano numeri cult, sketch improvvisati con il pubblico e, chiaramente, monologhi dalla funzione “quasi” didattica. La comicità messa in scena da Beni è altrettanto poliedrica, un sapiente mix di battute caustiche, umorismo sottile e un incredibile utilizzo del corpo. Lo spettatore, insomma, ha pane per i propri denti e l’attrice toscana riesce in quello che forse era l’aspetto più complicato della serata: mantenere la coerenza dell’idea di base senza far sfociare il tutto in un miscuglio privo di una propria identità.
La gestione dei tempi comici è calibrata ottimamente e i momenti di stacco fra le varie parti dello spettacolo risultano ben studiati. Questi, in particolare, vengono anche utilizzati da Katia Beni per far emergere il lato didattico della serata: l’attrice calma il proprio tono “esplosivo” e si avvicina ad un leggio con sopra, probabilmente, la scaletta della serata. Ecco, quindi, che vengono compiute riflessioni su ciò che si è appena visto o quello a cui si sta per assistere, una strategia immediata e intelligente, che fa presa sul pubblico e riesce a mascherare, in qualche caso, una certa banalità nei discorsi e nelle argomentazioni. Sentiremo, allora, parlare di comicità maschile e femminile, sui giovani e persino sulla malattia, perché anche su ciò, secondo Katia Beni, si può (o si deve?) scherzare. Nulla da stupirsi, se si considera che per tutto lo spettacolo l’attrice toscana fa emergere, più o meno esplicitamente, la propria idea di comicità: un mezzo estremamente potente, efficace e applicabile a ogni aspetto della vita, capace di esorcizzare paure o esperienze poco piacevoli e fondamentale per conoscere più a fondo sé stessi. Viene posto l’accento su quanto la risata aiuti a maturare una maggiore consapevolezza della propria identità e delle proprie debolezze, passi fondamentali per arrivare alla tanto importante, ma mai scontata, approvazione della propria persona. Da queste considerazioni, probabilmente, deriva uno degli aspetti più interessanti della messinscena: il rivolgersi al pubblico in modo provocatorio, senza peli sulla lingua. Beni prende di mira pochi “prescelti”, che saranno partecipi di una vera e propria metamorfosi. Grande impaccio e un visibile imbarazzo le prime volte che vengono chiamati in causa, ma anche una notevole disinvoltura quando due dei “tartassati” vengono chiamati sul palcoscenico, protagonisti di uno sketch d’improvvisazione. La filosofia della comica toscana funziona, quindi, e dimostrarlo per mezzo del proprio pubblico è quanto mai azzeccato.
Al termine dello spettacolo lo scroscio di applausi la dice lunga: Katia Beni è riuscita a non cadere nella boriosità della lezione o nell’autocompiacimento del proprio talento comico, regalando al proprio pubblico una serata estremamente piacevole. La comicità sarà anche una cosa seria, ma a San Girolamo di risate se ne sono sentite eccome…
Pietro Phelan