Neri Marcorè tra ansia del presente e speranza nel futuro

Sguardazzo/recensione di "Quello che non ho"

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Cosa: Quello che non ho
Chi: Neri Marcorè, Giorgio Gallione
Dove: Massa, Teatro Guglielmi
Quando: 15/01/2016
Per quanto: 80 minuti

Con lo spettacolo Quello che non ho il genere del teatro-canzone si presta ancora una volta a veicolare attraverso la musica l’urgenza di una riflessione sociale. Ci si interroga su quello che è ormai lo scheletro di una società ridotta all’osso, spolpata. Marcorè fonde le atmosfere delle “poesie-canzoni” di Fabrizio De André (Quello che non ho, che dà il titolo allo spettacolo, Se ti tagliassero a pezzetti, Una storia sbagliata, Khorakhanè, Don Raffaè, Smisurata preghiera, Volta la carta, Canzone per l’estate) con un collage di fatti di cronaca ispirato al film del 1963 La Rabbia di Pier Paolo Pasolini, nel quale il regista presentava la sua personale visione del mondo. Considerato che la maggior parte di noi vive nella penombra del pensiero, Marcorè decide di puntare i neon, simbolici e principali fonti di luce in scena, su alcuni dei maggiori orrori mondiali. Sono fucilate alla coscienza:

Mercurio, pesci a tre occhi, bambini deformi del disastro ambientale di Siracusa, Priolo, Marina di Melilli il paese che non c’è più.
Le ricchezze grondanti sangue del Congo in mano ai signori della guerra.
L’odio, sempre quello, sempre fresco verso i Rom in un’Italia che ne ha meno di tutti gli altri paesi, ma che li odia anche di più.
Le gigantesche isole di plastica che fluttuano sul pelo delle acque oceaniche.
Lo sfruttamento e la mortalità infantile. La prostituzione e il lavoro forzato minorile. I bambini soldato.
Le tragiche facezie, ridicole e scandalose partorite giornalmente dai politici.

Neri Marcorè in 'Quello che non ho', Gallione 2015 (ph. Bapi Caroli)Le notizie vengono lanciate allo spettatore come bombe a mano. La voce calda ma neutra dell’attore lascia tutti in ascolto, non dà respiro, ha il preciso intento di conficcarsi dentro ognuno di noi. La parola porta allo scoperto le macerie di un mondo che vive in una costante, monolitica assenza d’umanità. Ed è in questa carrellata degli orrori che si inseriscono il canto e la bellezza delle parole di De André in un metaplasmo vocale e musicale affidato agli arrangiamenti musicali di Paolo Silvestri e alla bravura di Giua, Pietro Guarracino, Vieri Sturlini – voci e chitarre.
Una messinscena dal ritmo sincopato e incisivo. Pochi elementi scenici: sedie nere, luci al neon e un telo di stoffa grezza a maglie larghe a far da fondale come una rete di pescatori pronta a raccogliere i resti di un mondo alla deriva. E quelle lucciole, piccole gocce di splendore di cui parlava Pasolini? Ci sono ancora, non si sono spente, spetta a noi capire come. Basta che la nostra coscienza critica non si addormenti. Mai.

Neri Marcorè in 'Quello che non ho', Gallione 2015 (ph. Bapi Caroli)

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... una tazza di caffè sarebbe... amara

Locandina dello spettacolo



Titolo: Quello che non ho

liberamente ispirato all’opera di Pier Paolo Pasolini
canzoni di Fabrizio De Andrè
con Neri Marcorè
voci e chitarre Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini
arrangiamenti musicali  Paolo Silvestri
drammaturgia e regia Giorgio Gallione
collaborazione alla drammaturgia Giulio Costa
produzione Teatro dell’Archivolto


Neri Marcorè si dedica a tv, cinema, radio, doppiaggio, teatro, cabaret, imitazioni e canzoni, non è nuovo al dialogo con l’opera di Pier Poalo Pasolini, avendo già portato in teatro con Claudio Gioè, per la regia di Giorgio Gallione, Eretici e corsari, che incrociava il pensiero pasoliniano con quello di Giorgio Gaber. Ora torna, sempre per la regia di Gallione, a un altro spettacolo di teatro-canzone che, ispirandosi di nuovo a Pasolini, e incrociando le canzoni di Fabrizio de Andrè, attraverso le parole di questi due giganti dell’ultimo ‘900, cerca di delineare una visione personale dell’oggi. « [...] Nel 1963 con “ La rabbia”, poema filmico che intreccia analisi politica a vibrante invettiva, Pasolini costruisce una personale visione del mondo di quegli anni insieme lucida e beffarda, affettuosa e spietata. Racconta un’epoca di grandi utopie, di boom economico ma pure l’inizio, almeno in embrione, di “una nuova orrenda preistoria”, figlia del consumismo più sregolato e della distruzione dell’etica e del paesaggio; un mondo che corre ciecamente verso la modernità e che fatica a coniugare sviluppo e progresso. Da questa libera ispirazione nasce il nostro “Quello che non ho”, che cerca di interrogarsi sulla nostra epoca, in equilibrio instabile tra ansia del presente e speranza nel futuro. Ci serviremo per questo di storie emblematiche, quasi parabole del presente, che raccontano (anche in forma satirica) nuove utopie, inciampi grotteschi e civile indignazione. A questo tessuto narrativo incroceremo le canzoni di Fabrizio De Andrè, poesie in musica che passano dalle ribellioni, le beffe, le ballate e i sarcasmi giovanili, alla provocazione politica e alla visionarietà dolente delle “anime salve” e dei perdenti contemporanei. » Giorgio Gallione

Viola Giannelli
Nella vita, fa, ha fatto o fece un sacco di cose tra cui: due figli, un libro (altri ne seguiranno: di libri, sui figli non si scommette), l’università, il conservatorio e altre amenità che riempirebbero due o tre esistenze. Ama il teatro, la lirica, la letteratura e ha persino senso dell’umorismo.