Preferirei non scrivere questa recensione, ma la scrivo

Sguardazzo/recensione di "Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni "

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Cosa: Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni
Chi: Daria De Florian, Antonio Tagliarini, Monica Piseddu, Valentino Villa
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 25/03/2015
Per quanto: 70 minuti

Il titolo dello spettacolo è accattivante, su questo non si discute. Lo è anche la scena d’apertura, con gli attori che sbucano silenziosi dal fondo, Daria De Florian che si stacca dal gruppetto e annuncia: «Non siamo pronti». E poi, mostrando indecisione: «non è che non ci abbiamo lavorato, ma è meglio se rinunciamo». La strategia è chiara: catturare la simpatia del pubblico con l’ammissione confidenziale di un fallimento. Ma ogni captatio benevolentiae contiene sempre un tanto di furbizia. Ciò che è accattivante è furbo, nella misura in cui mostra (solo) il meglio di sé al fine di piacere, sedurre, imprigionare.

Questo accade in Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni: quattro attori, di formazione differente ma radunabili sotto le insegne della teatralità romana (non “romana de Roma”, ma della “Roma buona”, senza offesa per nessuna delle due facce), individuano in un romanzo di Petros Markaris (giallista e drammaturgo mezzo greco e mezzo turco) un soggetto intorno al quale costruire uno spettacolo, che spettacolo non è, o perlomeno finge di non esserlo, con grande abilità nello schermirsi.

Ce ne andiamo ... foto Claudia-Pajewski-8705Il soggetto in questione, crudelmente legato all’attualità, è la storia di quattro pensionate greche che decidono di suicidarsi per non gravare sulle casse dello Stato, già pesantemente debilitate, come e più di loro, dalla crisi economica. Storia curiosa: vera, immaginata o verosimile, poco importa. Atto di supremo coraggio o di vigliaccheria, poco importa. Perché lo spettacolo non si produce mai in una riflessione sul soggetto stesso, tantomeno prova a esporlo. Bordeggia, piuttosto. Divaga, cerca una complicità metateatrale, che è allo stesso tempo vaniloquio autoreferenziale. Parlano di sé, i quattro attori, e anche quando accennano un dialogo (che mai si realizza, in effetti) sembrano passarsi il testimone di un’autoanalisi: riportano le proprie lamentazioni, le proprie patetiche (e simulate) incertezze, i propri tentativi di dare comunque una forma presentabile al lavoro. Pezzi ben recitati, sia chiaro, ancorché leziosi, accattivanti, di nuovo. Ce ne andiamo - Monica PisedduA essere esibita è la loro esistenza di attori (r-esistenza, si sente spesso dire, elevando uno sciocco gioco enigmistico a pregnante enunciato filosofico), fingendo che ciò avvenga per modestia, per riserbo nei confronti di un tema troppo arduo da sviluppare (ma nessun tema lo è), troppo difficile da inscenare visivamente (e in fondo l’unica vera azione avviene alla fine, quando i quattro rivestono di nero se stessi e i pochi arredi in scena).

Fingendo che non sia una recensione (cosa che è, ma potrebbe non essere), o forse solo cercando di arrivare alla misura più consona per una recensione (pareggiando così lo sforzo dello spettacolo di durare almeno un’ora), aggiungo che la sala era troppo riscaldata, la serata era piovosa e lungo la via del ritorno non ho incrociato più di una dozzina di auto.

Applausi finali (hanno vinto l’Ubu, quindi li meritano), critiche entusiaste, supplemento di tournée.

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... una figura retorica sarebbe... la preterizione

Locandina dello spettacolo



Titolo: Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

ispirato a un’immagine del romanzo di Petros Markaris, L’esattore
un progetto di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
con Daria Deflorian, Monica Piseddu, Antonio Tagliarini e Valentino Villa
collaborazione al progetto Monica Piseddu e Valentino Villa
luci di Gianni Staropoli consulenza per le scene Marina Haas
una produzione Planet3 & dreamachine
produzione  Teatro di Roma
in collaborazione con Festival Castel dei Mondi
organizzazione, promozione e ufficio stampa PAV
residenze artistiche Centrale Fies / Olinda / Angelo Mai Altrove Occupato / Percorsi Rialto / Romaeuropa Teatro Palladium / Teatro Furio Camillo / Carrozzerie n.o.t


Punto di partenza e sfondo del lavoro è una immagine forte, tratta dalle pagine iniziali del romanzo L’esattore dello scrittore greco Petros Markaris, del 2011. Nel pieno della crisi economica greca, vengono trovate le salme di quattro anziane pensionate che si sono tolte volontariamente la vita. Non è un racconto, né un resoconto, ma un percorso dentro e fuori queste quattro figure di cui non si sa nulla se non la tragica fine. Un percorso fatto di domande e questioni che sono non soltanto loro, ma, soprattutto, nostre. In scena quattro performer, a ribadire una necessaria importante piccola collettività, elemento essenziale di questa immagine, solo in apparenza “semplice”,  presentandosi al pubblico con una dichiarazione di forte impotenza anche e, soprattutto, a rappresentare. Premio UBU come miglior novità italiana o ricerca drammaturgica 2014

Carlo Titomanlio
È una persona serissima.