Nell’orbita della Noosfera, tra visioni del sapere ed eccidi moreschi

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Roberto Latini, 'Noosfera museum' (ph Angelo Maggio, da fortebraccioteatro.it)A proposito dello spettacolo Noosfera museum (e lo sguardazzo Roberto Latini, o del dolore di un teatro impossibile).
La prima formulazione del concetto di noosfera, neologismo derivante dal greco nous (pensiero), risale ai primi del Novecento: in seguito, tale termine è stato più volte adottato dalla riflessione filosofica e teologica contemporanea, declinato in senso evoluzionistico, antimaterialistico e cristiano.

Vladimir Ivanovič Vernadskij, geologo e mineralogista russo, nato nel 1863, morto nel 1945, è ritenuto il responsabile della prima compiuta riflessione a proposito di noosfera, intesa come area relativa al pensiero umano e alla sua capacità di modificazione delle strutture ambientali e biologiche.
Si tratterebbe, dunque, del terzo stadio dello sviluppo della Terra, successivo a quello della geosfera (legato alla materia inanimata) e della biosfera (ambito relativo agli esseri viventi in generale), risultante di un complesso processo evolutivo di carattere complessivo.

Pierre Teilhard de ChardinPierre Teilhard de Chardin, gesuita, geologo e paleontologo francese, anch’egli vissuto a cavallo tra Otto e Novecento (1881-1955), è invece il responsabile di un’ulteriore riflessione filosofica (evoluzionista, ma non materialista) circa il concetto di noosfera, in chiave futuribile e cristiana. Ha, infatti, elaborato una teoria per unire creazione ed evoluzione nel Punto Omega, rappresentato da Cristo.
In un’intervista, egli offre una peculiare definizione di sé e del proprio lavoro: «Nello specifico, noti bene, non sono né un filosofo, né un teologo, ma uno studioso “del fenomeno” (un fisico nell’antico senso greco). Ebbene, a questo modesto livello di conoscenza, a dominare la mia visione delle cose è la metamorfosi che l’Uomo ci obbliga a far subire all’universo attorno a noi a partire dal momento in cui (conformemente agli imperiosi inviti della scienza) ci si decide a considerarlo come costituente una parte integrante, nativa, del resto della vita. In conseguenza a questo sforzo di incorporazione, emergono, se non sbaglio, due constatazioni capitali nella nostra
percezione sperimentale delle cose. La prima è che l’Universo, ben più che da “entropia” (che lo riconduce agli stati fisici più probabili), è caratterizzato da una deriva preferenziale di una parte della sua stoffa verso stati sempre più complicati e sottesi da intensità crescenti di “coscienza”. Da questo punto di vista strettamente sperimentale, la vita non è più un’eccezione nel mondo, ma appare come un prodotto caratteristico – il più caratteristico – della deriva fisico-chimica universale. E l’umano, al tempo stesso, diventa, nel campo della nostra osservazione, il termine provvisoriamente estremo di tutto il movimento. L’umano: un capo del mondo.
Posto questo, la seconda constatazione alla quale, a mio parere, ci si trova condotti da un’accettazione scientifica integrale del “fenomeno umano” è che la corrente di complessità-coscienza, da cui lo psichismo riflesso (ossia il pensiero) è sperimentalmente scaturito, non si è ancora fermata; bensì, attraverso la totalizzazione biologica della massa umana, continua a funzionare, trascinandoci, per effetto biologico di socializzazione, verso certi stati ancora irrappresentabili di riflessione collettiva, ossia, come dico io, verso qualche ultra umano» (intervista concessa a Marcel Brion, “Les Nouvelles Litteraires”, 11 gennaio 1951, ripresa da Avvenire.it).

Erwin SchrödingerSull’argomento noosfera, come futuribile possibilità di complessiva raffigurazione della conoscenza accumulata, si sono espressi in molti studiosi, afferenti anche ad altre discipline: tra questi, Erwin Schrödinger, premio Nobel per la fisica, ha dichiarato: «Il progredire, sia in larghezza che in profondità, dei molteplici rami della conoscenza, ci ha messi di fronte a uno strano dilemma. Noi percepiamo chiaramente che soltanto ora incominciamo a raccogliere materiale attendibile per saldare insieme, in un unico complesso, la somma di tutte le nostre conoscenze; ma, d’altro lato, è diventato quasi impossibile per una sola mente il dominare più di un piccolo settore specializzato di tutto ciò. Io non so vedere altra via d’uscita da questo dilemma (a meno di non rinunciare per sempre al nostro scopo) all’infuori di quella che qualcuno di noi si avventuri a tentare una sintesi di fatti e teorie, pur con una conoscenza di seconda mano ed incompleta di alcune di esse, e a correre il rischio di farsi rider dietro».

Film Title: Nostra Signora dei Turchi (Our Lady of the Turks)Infine, il «Carmelo Bene turco» è un riferimeno a Nostra signora dei Turchi, una serie di opere, afferenti a diverse discipline artistiche, realizzate dall’artista salentino: in primo luogo, un romanzo dato alle stampe 1966 (casa editrice Sugar), seguito da un omonimo allestimento scenico (debutto il 1 dicembre dello stesso anno, presso lo spazio romano Beat 72) e, infine, un lungometraggio dallo stesso titolo, presentato al Festival del Cinema di Venezia del 1968.
Locandina film 'Nostra Signora dei Turchi', Carmelo Bene, 1968La presentazione del film (sulle cui condizioni di realizzazione, assai articolate, molto si è scritto) dette vita a numerose polemiche, anche in virtù della nota vis polemica di Bene, dividendo di fatto critica e pubblico tra chi gridava al capolavoro assoluto e chi contestava sia l’opera sia l’autore. Pur distaccandosi notevolmente dal libro, il film ne riprende la peculiare forma che rifiuta ogni tipo di narrazione mimetica, per proporre un flusso di immagini di grande efficacia, partendo dal riferimento dall’eccidio di mano moresca avvenuto a Otranto il 14 agosto 1480, di cui ancora si serba materiale memoria nell’ossario presente all’interno del transetto destro della cattedrale salentina. A proposito della pellicola, lo stesso Carmelo Bene ebbe a dichiarare: «Nostra Signora dei Turchi fu un grido al nuovo cinema che era nato. Ma in Italia basta voltarsi un attimo e non si è più».

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.

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