Soldato semplice Azzurrini, presente

Sguardazzo/recensione di "Dante va alla guerra"

-

Cosa: Dante va alla guerra
Chi: Marco Azzurrini
Dove: Pisa, Giardino Scotto
Quando: 15/09/2021
Per quanto: 60 minuti

 

È sempre dolce, mai sdolcinato, e umano, lo sguardo che Marco Azzurrini getta sulle vicende scovate nei meandri della microstoria locale, pulsante sottobosco che abbraccia tanto le balere quanto le palestre pugilistiche di metà secolo scorso, passando per il Sessantotto, vissuto e cantato da gente che, per fortuna, ancora ci può raccontare di quei formidabili anni (così per Mario Capanna prima d’imbarbogire) . Si potrebbe dire che il discorso teatrale dell’attautore coincida con un agrodolce inno al Novecento, alle sue gioie, ai suoi dolori, filtrati da una lente bonaria: è comunque piacevole calarsi nella narrazione di quei mondi, così vicini, così lontani.

A questo giro, si cavalca equivocamente l’onda del dantismo contemporaneo, in un’Italia che celebra i suoi personaggi ricordandone la scomparsa (lo nota Andrea Cosentino in Un Dante corretto bravo grazie, visto a luglio in Tempi moderni): equivoco palesemente dichiarato in avvio di recita, giacché quello del titolo non è il ghibellin fuggiasco, bensì tal Dante Fiorentini, pisano di ‘ampagna, Coltano per la precisione, che nella finzione condivide con l’omonimo la propensione ai versi poetici. La provincia toscana, nei secoli, ha visto svilupparsi varie forme di poesia popolare: i maggi drammatici, spettacoli “di popolo” a coinvolgere decine di paesani in testi rigorosamente nuovi ogni anno, e la ben più individualistica pratica dell’ottava rima, attività tutt’altro che solitaria, legata com’è(ra) alla matrice del contrasto, e dunque per assunto alla presenza di almeno un’altra voce con(tro) cui inanellare stanze di otto endecasillabi all’improvvisa

In uno spazio spoglio, eccolo, il Dante “pisano”: racconta l’impegno nella realizzazione del maggio portato in giro grazie a piccole tournée locali, salvo poi lasciare tutto e partir per l’Albania (aprile 1939, l’anticamera del disastro che il disastroso governo fascista stava apparecchiando a sé e al paese intero), convocato a difendere il tricolore. Una picaresca sequenza di piccole avventure, minute facezie, con spostamenti indicati dalle didascalie che, a mo’ di cartelli stradali (realizzati da Antonio Calandrino), ci informano immancabilmente della distanza da casa, Pisa. Ogni traslazione annunciata da un’ottavina, ben portata dalla voce di Azzurrini, che mette in campo le tappe del viaggio bellico (neppure un morto, fuorché uno, per incidente a un otturatore): Tirana, Friuli, Francia, Africa e persino Scozia, da prigioniero. La fonte è Soldato semplice Dante, frutto letterario (Edizioni Il Campano, Pisa) dei racconti, una volta a veglia, del “nonno Dante”, morto ultracentenario all’inizio di questo 2021. 

Ottima l’idea di fonder canto in rima, narrazione à la Walter Benjamin (mirabili le pagine del filosofo sul racconto, forma antica, contrapposto all’informazione, che non forma né informa, dell’evo contemporaneo) e la scanzonata toscanità dell’attore; a mancare, nell’impasto generale, è forse una sufficiente dose di dramma, pena l’involontario (e politicamente ambiguo – benché alieno da Azzurrini) propalare il mito frusto degli italiani brava gente (antidoto, il bellissimo Acqua di colonia di Elvira Frosini e Daniele Timpano visto e non recensito – nostra culpa – qualche anno fa). Lavoro di buone premesse, da rodare, nell’augurio che imbocchi la strada d’una verace, corroborante amarezza, senza perdere il sorriso (pensiamo a certe cose guerresche di Cochi e Renato, prima, e di Pozzetto da solo poi, il film Porca vacca; per non dir del Monicelli di Le rose del deserto e, ancora meglio, La Grande Guerra): ingredienti che contribuirebbero a rendere più completo, multiforme, uno spettacolo comunque da apprezzare.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un dolce sarebbe... una Sacher fatta in casa, con la quantità di marmellata da dosare meglio

Locandina dello spettacolo



Titolo: Dante va alla guerra

di e con Marco Azzurrini
collaborazione artistica Angelo Cacelli
scene Antonio Calandrino


Nell’anno delle celebrazioni dantesche, per i settecento anni dalla morte del sommo poeta, vogliamo invece raccontare la storia di un altro Dante, non l’Alighieri, ma Dante Fiorentini, vissuto a Coltano in provincia di Pisa. Alcuni anni fa, i figli e i nipoti, che ascoltavano spesso i suoi “racconti di guerra”, narrati a veglia nelle sere d’estate e conosciuti ormai da tutto il suo paese, lo convinsero a scrivere un piccolo diario, a mettere nero su bianco la sua narrazione orale.  Nacque così Soldato semplice Dante, un piccolo libro, stampato dalle Edizioni il Campano di Pisa e diffuso nelle librerie locali. Dante partecipò a tutte le varie fasi della Seconda Guerra Mondiale, prima in Grecia e Albania, dall’inizio del 1940, poi, dopo il risolutivo intervento tedesco, trasferendosi in Friuli e successivamente in Francia, dove furono mandati un manipolo di soldati italiani, per giustificare l’entrata in guerra dell’Italia. Infine, fece parte dell’esercito italiano impegnato nelle fasi finali della cosiddetta Guerra d’Africa, dove, fatto prigioniero dagli inglesi, fu trasferito nel campo di prigionia di Inverness, Scozia, vicino al famoso lago di Lochness, quello del mostro. Qui rimase insieme ai suoi compagni, possiamo dire quasi dimenticati dalla storia, fino alla primavera del 1946, quando il capo del governo italiano Ferruccio Parri, a guerra ormai finita, li reclamò per contribuire, disse lui, alla “ricostruzione nazionale”.  Nella sua guerra il nostro Dante, non incontrò né un morto, né un ferito (appena un decesso, ma per incidente balistico causato dal malfunzionamento di un otturatore), incontrò la fame, a volte la sete e i pidocchi. Ebbe invece ben presenti le contraddizioni umane, l’assurdità di quella guerra, come di tutte le guerre, il legame fraterno coi suoi compagni, una stima che lo accompagnò sempre, aldilà del grado che ebbe. Lo spettacolo nasce dal suddetto libro e da lunghe chiaccherate-interviste con Dante, fatte alcuni anni fa, nella sua casa di Coltano e nel suo orto.  Non c’è l’Alighieri, ma non manca però la poesia, perché, insieme ad Angelo Cacelli, siamo appunto partiti dalla passione di Dante Fiorentini per il canto del maggio, l’ottava rima, il Guerrin meschino, l’Ariosto e, infine, il sommo poeta Dante Alighieri. Vedete che poi alla fine l’Alighieri centra sempre…

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.