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L’in-Faust(o) contratto sociale di Luciano Bianciardi

Sguardazzo/recensione di "La vita agra del Dottor F."

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Cosa: La vita agra del Dottor F.
Chi: Angelo Romagnoli, Gianni Farina, Rita Felicetti, Claudia Pinzauti
Dove: Pistoia, Teatro Manzoni
Quando: 06/02/2015
Per quanto: 70 minuti

È una scena bipartita ad accogliere un pubblico sparuto e spaurito: salotto minimal-metonimico sulla destra dell’avanscena, una squallida cameretta a sinistra sullo sfondo. Bipartita, o meglio dimidiata, così come l’anima del Bianciardi/Faust di cui Angelo Romagnoli veste gli abiti dimessi e i sogni dismessi, seppelliti come gli operai della miniera di Ribolla che intendeva vendicare, dopo il crollo del 1954, facendo saltare “il Torracchione” della sede milanese della Montecatini.

Ed eccolo, all’inizio, questo Bianciardi-Autore credibile ma non creduto, confuso dalle seduzioni di un salottino letterario per palati di borghesi piccoli piccoli: accomodato alla destra del proscenio, sotto una luce calda dalle salmonate risultanze cromatiche di Polaroid, tenta una strenua difesa delle sue intenzioni letterarie, sociali e umane, vanificate dal muro di gomma dei sorrisi di una giornalista (Rita Felicetti), compiacente padrona di casa che celebra con consunta ipocrisia l’opera misconosciuta di uno scrittore dato in pasto a un pubblico ebete addestrato all’applauso.

Vita Agra del Dott.F.Romagnoli/Bianciardi cerca di divincolarsi dal viluppo di piaggerie a buon mercato, finendo per sbracciarsi e sbraitare, in un eccesso d’ira da sacro furor poetico: ribellione fonicamente soffocata dalle canzonature della giornalista che si amplificano fino a tramutarsi in infernale fragore di macchine (efficace ma un po’ prevedibile il tracciato sonoro di Stefano De Ponti) che lo fagocita in un ventre d’oscurità per poi risputarlo in un flashback all’opposto della scena.

Luciano Bianciardi, La vita agra, copertinaQui, nella desolazione di una camera a pensione disadorna e ingrigita come la carta da parati che la fodera, si consuma l’impari lotta del protagonista contro la stritolante società dei consumi degli anni del miracolo economico. Ben altro è, però, il boom che ha in mente. Animato dal progetto di un attentato dinamitardo che scuota le intorpidite coscienze metropolitane, la sua quotidianità naufraga nel pelago di scadenze che attanagliano la sua esistenza immeschinita dalla mercificazione del lavoro di traduttore a cottimo. Costretto a produrre cartelle e a dosar gli spiccioli, sopravvive insieme alla compagna Anna (Claudia Pinzauti) che con lui condivide la stanza e l’istanza rivoluzionaria, oltre all’opera di traduzione del Faust con cui cercano di guadagnarsi pane e tritolo. Fra un’apertura di virgolette e una di cosce, lo scrittore cerca di sfuggire all’in-Faust(o) destino rifugiandosi in un amplesso martellante con Anna, sfogo sempre più concitato e pneumatico.

Dopo il sonoro orgasmo di matrice metalmeccanica, Gianni Farina (regista dei faentini Menoventi) orchestra una catartica modulazione verso la promenade nella traccia off declamante l’aspirazione di Bianciardi (tratta dalle pagine conclusive di La vita agra) per un’economia improntata a un «neocristianesimo a sfondo donativistico e copulatorio».
Il protagonista si ritrova, però, in compagnia della padrona di casa (sempre Rita Felicetti), che al termine del coito gli ricorda i termini del contratto d’affitto e lo seduce/induce a firmare un “contratto sociale” col quale abdica a qualsiasi intento libertario e pauperistico in favore della comunità, dell’integrazione, della sopravvivenza.

Il patto è siglato, Mefistofele ha vinto. Forse è un lieto fine mancato che delude il pubblico, una sessantina scarsa di persone che applaudono con poco e agro vigore.

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un piatto sarebbe... una zuppa di farro e fagioli zolfini, vivace, robusta e preoccupante

Locandina dello spettacolo



Titolo: La vita agra del Dottor F.

liberamente tratto dall’opera di Luciano Bianciardi
di Gianni Farina e Angelo Romagnoli
regia Gianni Farina
con Angelo Romagnoli, Rita Felicetti, Claudia Pinzauti
musiche Stefano De Ponti
assistente alla regia Consuelo Battiston
costumi Marco Caboni
produzione La Corte Ospitale

 


Questa è la storia di un rivoluzionario che si trasferisce nella grande città per vendicare i compagni morti sul lavoro. Per sfortuna e indolenza rinuncerà all'attentato e finirà assediato nel proprio appartamento a contare gli spiccioli per arrivare a fine mese. La metropoli del miracolo economico lo mastica e lo sputa nella schiera infernale dei superflui, condannati a difendere l'inutilità del proprio lavoro culturale. Precario, condannato a scrivere venti cartelle al giorno, in una notte d'incubo fa un bilancio impietoso della propria esistenza. Decide che, scrivendo una grande opera, può fare giustizia per i suoi compagni. Ha bisogno di evocare grandi potenze. Questo Faust all'italiana e il suo Mefistofele iniziano un viaggio onirico in cui si vende l'anima firmando un ambiguo Contratto sociale. Le clausole sono scritte in piccolo. E così il rivoluzionario si integra e accetta le regole del vivere comune, rifugiandosi tra le braccia del sonno e le gambe della sua compagna. Tratto dal capolavoro di Luciano Bianciardi, La Vita Agra è il romanzo in cui più generazioni trovano la loro paura del presente e del futuro e in cui riconoscono la loro incapacità di agire sullo stato delle cose. Per la prima volta Angelo Romagnoli e Gianni Farina, incrociano i loro percorsi artistici in un lavoro di restituzione teatrale di un capolavoro della letteratura del '900. La Vita Agra è la seconda tappa del Progetto Bianciardi iniziato con la messa in scena di Non leggete i libri, fateveli raccontare.

Luca Paolini
Ubiquo e sfuggente personaggio dell’immaginario nord-toscano, si dice sia un’identità fittizia sotto cui operano varie organizzazioni malavitose dedite a controverse e irriferibili attività. Appare e scompare come musicista, precettore, critico teatrale e “barrista”, ma sono tutte coperture.