Le stagioni incalzano, proseguono, tra squilli di trombe(tte) e presentazion(c)i(ne).
Cose da vedere non mancano dalle nostre parti, con la truppa arlecchina che sta lavorando assai e, se tutto va bene, prossimamente potrà offrire nuovi, succulenti contributi.
A tale proposito, è da lungo tempo che ragioniamo (meglio: vorremmo ragionare) sul senso del nostro collettivo apporto al sistema-teatro (risate): siamo intrusi, a prescindere se accreditati o paganti, intrusi giacché quasi nessuno ci chiede di scrivere (a volte, gli uffici stampa, in un perverso gioco di riconoscimenti incrociati); intrusi certo dotati d’una qualche competenza, messa a disposizione secondo tempi, per fortuna, che decidiamo noi. Per quanto volontario, il nostro è, di fatto, lavoro, vale a dire produzione di pensiero, di contenuti, il tutto tradotto in tempo e competenze che impieghiamo deliberatamente, ma che partecipano, di fatto, a un sistema economico strutturato.
Dove vogliamo arrivare? Mica l’abbiamo capito, sicuramente non a una lamentatio sui tempi grami (frignare ci piace poco); di certo, una società in cui la creatività latu senso (pensiamo ai social, e non solo) è di fatto l’inconsapevole moneta con cui gli individui accedono a forme e mezzi di espressione/comunicazione necessiterebbe una qualche riflessione approfondita. Abbiamo letto qualcosa qui, ma la questione è ovviamente apertissima.

Intanto, vediamo cosa offre la settimana: occhio al Calendazzo, non solo in Lucchesia.

Provincia di Lucca – Quasi solo donne, da martedì a sabato

Triplo appuntamento, per martedì 19 novembre, tra capoluogo e provincia.
Lucca, appuntamento peculiare (fuori Calendazzo) per il Teatro del Giglio, Gianni a spicchi: si tratta di un’idea divertente, una rielaborazione, immaginiamo giocosa, del pucciniano Gianni Schicchi, operata da una serie di insegnanti e operatori musicali (ne conosciamo alcuni, ahi loro) e con l’attiva collaborazione degli studenti medi superiori del comprensorio lucchese. La locandina è gioiosamente caotica (si pone il dubbio circa il vero titolo: è Gianni a spicchiJohnny Skick?), opulenta sotto il profilo dei soggetti citati e finisce per costituire una delle non poche varie ed eventuali di cui il Giglio può menar vanto, benché l’asino tenda a cadere nel caso in cui lo sguardo si rivolga, invece, all’ordinario. Non escludiamo sbirciamenti.

Stessa sera, ma ad Altopascio, debutto di stagione per il Teatro Puccini: arrivano due grandi attrici, entrambe partenopee, vale a dire Isa DanieliGiuliana De Sio, per portare in scena Le signorine, testo di Gianni Clementi, regia di Pierpaolo Sepe. È la storia di «due sorelle zitelle offese da una natura ingenerosa, che trascorrono la propria esistenza in un battibecco infinito. Qualsiasi circostanza o avvenimento diviene argomento di animata e inconciliabile discussione. Rosaria domina, Addolorata subisce. Finché un inaspettato, drammatico episodio sembra capovolgerne i ruoli». Comicità, ma pure malinconia, per un lavoro che si dice intimo e claustrofobico che, immaginiamo, non mancherà di farsi apprezzare dal pubblico del piccolo spazio altopascese. Può valere la pena.

Sempre martedì, serata di prima pure a Pietrasanta: arriva nientepopòdimenoche Monica Guerritore, protagonista di L’anima buona di Sezuan, testo di Bertold Brecht, tradotto e adattato da Roberto Menin, regia della stessa attrice, ispirata a quella realizzata da Giorgio Strehler nel 1981. Al fianco dell’artista, un cast composto da Matteo Cirillo, Alessandro Di Somma, Vincenzo Gambino, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni e Lucilla Mininno. Leggiamo dalle note: «Nella capitale della provincia cinese del Sezuan giungono tre dèi alla ricerca di qualche anima buona e ne trovano solo una, la prostituta Shen Te, che li ospita per la notte. Il compenso inaspettato per tale atto di bontà è una tonda sommetta, mille dollari d’argento, ossia, per Shen Te, la possibilità di vivere bene. Ma il compenso è accompagnato dal comandamento di continuare a praticare la bontà. La povera Shen Te apre una tabaccheria e si trova subito addosso uno sciame di parassiti, falsi e veri parenti bisognosi, esigenti fino alla ferocia, da cui è costretta a difendersi. Per farlo, una notte, si traveste da cugino cattivo, Shui Ta, spietato con tutti. A complicare la situazione però interviene l’amore…». Conoscendo l’attrice, non moriamo di curiosità: a occhio, è un’operazione (lecitissima) a rischio zero, ben poggiata sul principio d’autorità, e dell’interprete e del regista evocato, ma non escludiamo che possa piacere.

Ci sentiamo, invece, di consigliare vivamente l’appuntamento in programma sabato 23 presso quell’autentico gioiello che è il Teatrino di Vetriano, e non solo per lo spazio, già di per sé notevole e annoverato dal Guinness dei Primati (esiste ancora?) quale teatro più piccolo del mondo.
Nel tardo pomeriggio (ore 18), sarà di scena Le donne di Chenobyl, allestimento ispirato alle note vicende accadute presso la centrale nucleare ucraina (allora sovietica) nel 1986, su alcune testimonianze dirette, tra cui quella della protagonista Iryna Baturka, per una performance ideata e diretta da Kety Di Basilio e Sergio Giannini (And Or Margini Creativi), con la partecipazione di un gruppo di gagliarde ragazze composto da Lucia Marchese, Serena Davini, Caterina Pieraccini, Sara Vitolo e Francesca Colombini. Quando il lavoro debuttò, ai Rassicurati di Montecarlo, ne pubblicammo un arazzo ragionato con le belle foto di Andrea Simi, per cui, ci sentiamo di invitare chi legge ad andare.

Chiudiamo il segmento lucchese segnalando non due spettacoli teatrali, bensì il doppio appuntamento della rassegna WW Wonder Women, promossa da SPAM! Rete per le arti contemporanee: la sera di martedì (ore 21), a Porcari, l’incontro dal titolo Le cospiratrici – Rivoluzionarie russe di fine ottocento. Lettere e memorie di Olimpia Kutuzova [Cafiero, l’aggiungiamo noi, n.d.r., anche perché è riportato nel titolo del volume], curato dalla filosofa e studiosa di teorie e politiche sul genere Martina Guerrini. Stesso luogo, stesso orario, ma sabato sera, altro incontro, questa volta dedicato alla figura di Emma Goldman, una delle figure più eroiche e affascinanti dell’anarchismo femminista, presentata dalla studiosa Carlotta Pedrazzini.

Pisano – Quin di Valentina Bischi, torna Santeramo, e torna pure Gaber (più o meno)

Ci ripetiamo (non è la prima volta): andate a vedere Valentina Bischi, a Cascina (La Città del Teatro), ancora in scena nelle serate di lunedìmartedìmercoledì. Andateci, ma non perché ve lo diciamo noi o perché questa bravissima, caparbia artista sia un’amica di Arlecchino (lo è, ma non conta, in questa sede); andateci, semplicemente, perché vale la pena vederla al lavoro, punto. Quin (testo e regia di Laura Fatini) affronta il problema muliebre della bellezza, intesa come opportunità, risorsa, peso e gabbia, attraverso le storie di una miss e di una matta del paese. Di Bischi, abbiamo parlato a proposito del portentoso Die Panne, sguardazzato dalla nostra Anna Solinas e (ri)visto la scorsa estate, nel bellissimo Circolo ARCI di Porta a Lucca, a Pietrasanta.

Interessante pure l’offerta di Pontedera, da giovedì 20 a domenica 24: nato come drammaturgo e regista, Michele Santeramo sembra proprio averci preso gusto a stare in scena e, dopo alcune prove d’attore (citiamo a memoria, con tanto di relativi sguardazzi: La prossima stagione, Leonardo da Vinci. L’opera nascosta − pure qui − e Il nullafacente), non c’è maniera di cacciarlo nuovamente dietro le quinte. Ecco, dunque, Da qui all’infinito, in prima nazionale: l’attautore pugliese, affiancato dai musicisti Sergio Altamura (chitarra) e Giorgio Vendola (contrabbasso); si parla di Giacomo Leopardi, a due secoli dalla composizione di L’infinito, sulla base del principio «La poesia non è di chi la scrive ma di chi gli serve».  Mentre cerchiamo di capire se siamo o meno d’accordo (non che la cosa sia determinante), vi rimandiamo alle risposte che lo stesso artista dette, un paio di anni fa, al questionario arlecchino cui accettò cortesemente di sottoporsi.

Infine, sabato 23, di nuovo a Cascina (La Città del Teatro): sarà la volta di E pensare che c’era Giorgio Gaber, con Andrea Scanzi. Eh sì, è proprio necessario l’eclettico e ubiquo giornalista del Fatto Quotidiano per rammentarci che, in effetti, è esistito un artista del calibro del Gaberscik, perché, altrimenti, mica ce ne saremmo accorti.
Confessione: Giorgio Gaber ci è stato (a sua insaputa) maestro, in senso musicale, poetico, pure politico; ne abbiamo scritto e ne abbiamo studiato assai (anche in combutta con qualche altro arlecchino). Questo non è che ci renda auctoritas in materia né ce lo fa ritenere intoccabile, tutt’altro, giacché il teatro deve necessariamente alimentarsi di cose da mutuare, ricalibrare, vivificare; le non poche recensioni scritte su chi l’ha portato in scena post-mortem lo testimoniano, tra cui quella il cui titolo, non in sé originale, anticipa di qualche anno l’attuale di Scanzi. In tale fattispecie, l’allestimento con la grande Maddalena Crippa è stato uno dei rarissimi lavori a nostro giudizio “onesti” ispirati all’opera del cantattore, troppo spesso “sfruttato” indebitamente per operazioni miranti a un successo sin troppo facile. Discorso ovviamente complesso, ma, con tutto il patrimonio audio/video disponibile, non v’è certo bisogno che qualcuno venga a spiegarci quant’è stato importante un artista “sovraesposto” quale Giorgio Gaber. I lavori virtuosi, in questo senso, vengono dedicati ad artisti meno conosciuti, realmente da (ri)scoprire, pensiamo a quelli di Elisabetta Salvatori su Dino Campana e Antonio Ligabue, a Bobo Rondelli su Piero Ciampi, e potremmo continuare. Ma largent c’est l’argent.

Oltreconfine − Maratona Latella (e non solo) a Prato, Kobane a Fucecchio

Varcando i limiti geografici che ci siamo autoimposti per non impazzire, segnaliamo che a Prato (Teatro Metastasio) torna un lavoro di Antonio Latella: da martedì domenica, di scena La valle dell’Eden, dal celebre romanzo di John Steinbeck, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini, adattamento dello stesso regista assieme a Linda Dalisi, con un bel cast composto da Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Emiliano Masala, Candida Nieri, Annibale Pavone, Massimiliano Speziani e Elisabetta Valgoi. Si tratta dell’opera più grandiosa dell’autore nordamericano, da egli stesso considerata il libro della vita, tradotta in uno spettacolo monstre da sette-ore-sette, affrontabile in due modi: o “spezzando” la visione in due (Atto I, mercoledì e giovedì; Atto II, venerdì e sabato) oppure affrontando la visione unica di domenica (16.30 e 20.45). Al di là delle ironie (che rivendichiamo) sugli spettacoli lunghi, confessiamo che quella di domenica è una proposta che ci attrae non poco.
Di certo meno mostruoso, ci teniamo comunque a segnalare che, nel cartellone ragazzi del polo pratese, al Fabbrichino, domenica pomeriggio (ore 17), sarà di scena Il colore rosa, gran bel lavoro di Aline Nari di cui vi abbiamo, a suo tempo, parlato. Ecco.

Last but not least, ultima escursione: giovedì 21 si apre la stagione pure al Teatro Pacini di Fucecchio (FI), con uno spettacolo che vorremmo davvero vedere. Si tratta di Kobane Calling On Stage, dichiaratamente ispirato al fumetto quasi omonimo di Zerocalcare, portato in scena dalla compagnia fiorentina Teatro d’Imbarco grazie a una collaborazione con il festival del fumetto Lucca Comics & Games. Abbiamo visto di recente (ne leggerete), Io sono Cinzia (l’amore non si misura in centimetri), analoga operazione dedicata a una graphic novel (questa volta di Leo Ortolani), sempre a opera della formazione capitanata da Nicola Zavagli, e ne siamo rimasti entusiasti al punto che, davvero, vorremmo vedere pure questa prima, antecedente, realizzazione del progetto legato al fumetto tradotto in scena.

Orbene, ci pare che le cose da vedere non manchino.
Andateci.