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Finto Leonardo, teatro vero

Sguardazzo/recensione di "Leonardo da Vinci. L'opera nascosta"

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Cosa: Leonardo da Vinci. L'opera nascosta
Chi: Michele Santeramo
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 30/11/2017
Per quanto: 50 minuti

Teatro e racconto: poli distinti, antipodici. Eppure in relazione, al punto che è impossibile separarli del tutto. Più che da anni, diremmo da sempre il teatro si divincola tra i legacci del logos, che tutto vorrebbe permeare, a cui tutto si vorrebbe far risalire. E ci riesce eccome, il teatro, a svincolarsi. Non è (stato) facile, ma che l’arte scenica sia anche qualcosa di oltre (sopra, sotto, davanti, dietro… poco importa) alla parola, elemento atomico d’ogni racconto, è acquisito, anche per i più renitenti e meno disponibili alle concessioni.

Da qui partiamo per analizzare Leonardo da Vinci di Michele Santeramo: ci deve aver preso gusto, il drammaturgo pugliese, a stare in scena. Dopo La prossima stagioneIl nullafacente, rieccolo, da solo, a pronunciare le parole che, per mestiere, ha sempre cacciato nelle bocche altrui. Non son pochi i fili sottesi che, dai lavori menzionati, conducono a questa fiaba strana, stralunata, offerta con un filo di voce. L’ostentata cantilena musicale, a quasi echeggiare il veneto (cadenza cardine nella nostra storia teatrale), è supportata da un timbro ampio, flautato, innervato di sottili ironie.
È elegante, l’attore-autore: abito scuro, riccioli azzimati, mocassini brillanti. Siede al piccolo tavolo ove sono poggiati i fogli da leggere: non è memoria imperfetta (assistiamo al debutto assoluto), ma scelta straniante. Non l’unica: più volte, l’artista ci rammenta che siamo a teatro, accennando ai disegni cangianti sullo schermo alle spalle, ammiccando al pubblico («ma questo… voi, lo sapete…» il ritornello), attuando piccoli escamotage gestuali che paiono dischiudere lo spazio, abitarlo grazie alla suggestione.

L’opera nascosta del titolo è la “scusa” per un gioco ucronico (ucronia: narrazione che sviluppa esiti alternativi per storie reali, o molto note). Il “nostro” Leonardo, il genio, è ingaggiato da un nobile per approntare macchine belliche. Instaurato un improbabilissimo dialogo con Monna Lisa, eccolo concentrarsi sull’ambizioso progetto d’eliminare la morte dal mondo.
Questa la stura per una sorta d’apologo zen, parabola esemplare che, con delicato umorismo filosofico, lambisce il cuore pulsante della questione teatrale per eccellenza: il rapporto col tempo e la morte. Da un lato, l’impossibilità di pensare il “non-esserci” è nemico paradossale, ineffabile; dall’altro, si evince come pure la Nera Signora possa risultare, non solo inevitabile, ma necessaria, addirittura agognata.

I disegni di Cristina Gardumi, qui più che altrove, sono presenze discrete e polifoniche: si susseguono senza mai esser video, sposando i tratti decisi a raffigurazioni tra naïf, grottesco e caricaturale. Supportano il dettato, punteggiandolo, talvolta in sintonia, talvolta in sapido contrappunto: l’impiego varia nel corso del racconto e particolarmente gustoso sono le illustrazioni che raffigurano una folla di visi a riempire il quadro, per poi via via sparire.

«Si può vivere senza la morte?» chiede Santeramo: la favoletta di sapore borgesiano scopre riflessioni comuni ad altre narrazioni contemporanee (il riferimento alla serie Black Mirror ci appare dichiarato), sfidando lo spettatore, questa l’ulteriore perla, sul campo della finzione, ambito non meno necessario, e credibile, del cosiddetto “reale”. Tutto ciò, in scena, luogo che per eccellenza vede il gesto farsi rito, il racconto farsi corpo, pure attraverso la parola.
È, quindi, racconto o teatro? La seconda, senz’altro: ché la voce, il corpo e i gesti di Santeramo sono qui elementi insostituibili per un lavoro davvero pregevole.
Applausi convinti.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un atto sarebbe... una sfida, offerta con innegabile garbo

Locandina dello spettacolo



Titolo: Leonardo da Vinci. L'opera nascosta

 
Di e con Michele Santeramo
Immagini Cristina Gardumi
Luci Fabio Giommarelli
Produzione Fondazione Teatro della Toscana

Questa storia è tutta inventata. Leonardo Da Vinci ne è il protagonista perché è uno dei pochi personaggi che, per tutta la sua sapienza e il suo ingegno e il suo genio, può risolvere, o almeno provarci, il più grande caso irrisolto che riguarda l’essere umano nella sua sfera artistica, scientifica, vitale: il passaggio. Già, proprio quello. È l’unico al mondo a poterci riuscire. Gli viene in mente di provarci in un pomeriggio di primavera, mentre guarda una battaglia nella quale un esercito usa le armi che lui ha inventato. Le sue opere diventano così un percorso di studio, il tempo nel quale vive diventa il contesto nel quale far attecchire la sua curiosità, per inventare un’altra realtà, che si specchi nell’arte e da quella prenda nuova coscienza. Il racconto dialoga in scena con le immagini di Cristina Gardumi, primi piani di una umanità che ha a che fare con Leonardo e la sua opera nascosta. Ovviamente, nessuno degli episodi che qui si raccontano sono accaduti veramente. Troppo spesso scambiamo le storie vere con quelle credibili; anzi, la credibilità delle storie è spesso legata al fatto che siano accadute veramente. Ma se così fosse, se bastasse che un fatto sia accaduto per descrivere la realtà, allora la realtà sarebbe immutabile, non sarebbe mai messa in discussione, e le cose sarebbero semplicemente quello che sono. Non ci sarebbe scoperta, né invenzione, né arte, se non si potesse tradire la realtà inventandone una plausibile. Preferisco pensare che “le storie, raccontandole, da vere diventano inventate e da inventate, vere”. Come i sogni, che non esistono nella realtà ma che una volta sognati, eccoli lì palpitanti, a farti sudare e spaventare e ridere.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.